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La Polizia Giudiziaria ha arrestato uno scafista tunisino responsabile di aver condotto l’imbarcazione con a bordo 297 eritrei, giunta lunedì a Pozzallo. Lo scafista, reo confesso, nascondeva il guadagno di 3.000 dollari nelle ciabatte: si calcola che all’organizzazione siano andati quasi 450.000 dollari.
In questo modo salgono a 62 gli scafisti arrestati nel 2014.
E nel frattempo sono in corso le operazioni di sbarco di altri 107 migranti e le relative indagini, mentre ieri sono stati trasferiti a bordo di due aerei charter 300 superstiti dello sbarco del 1 luglio.
Ecco il comunicato della Squadra Mobile di Ragusa:
La Polizia Giudiziaria ha eseguito il fermo di KARAOUI Zied, nato in Tunisia il 02.02.1992, in quanto responsabile del delitto previsto dagli artt. 416 C.P. e 12 D.Lgs.vo 25.7.1998 nr. 286, ovvero si associava con altri soggetti presenti in Libia al fine trarne ingiusto ed ingente profitto compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari eritrei. Il delitto è aggravato dal fatto di aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale in Italia di più di 5 persone; perché è stato commesso da più di 3 persone in concorso tra loro; per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale delle persone esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità ed inoltre per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale le persone sono state sottoposte a trattamento inumano e degradante.
Il fermato si è reso responsabile di aver procurato l’ingresso in Italia di 297 clandestini eludendo i controlli di frontiera in quanto in modo preordinato chiedeva i soccorsi mettendo in serio pericolo di vita tutti i passeggeri eritrei.I Fatti
Alle ore 13.00 di giorno 7 u.s., nella banchina del Porto di Pozzallo giungevano le motovedette CP 274, CP 284 e CP 307 che trasportavano complessivamente 297 cittadini extracomunitari, molti dei quali donne e bambini, tutti eritrei. I migranti venivano fatti sbarcare e condotti presso l’adiacente C.P.S.A., dove venivano assistiti. Il soccorso era stato effettuato a sud di Malta ed il barcone sul quale tutti i migranti si trovavano all’atto del loro rintraccio era in pericolo.Ordine pubblico e assistenza
Le operazioni di sbarco avvenute in data 7 luglio al porto di Pozzallo venivano coordinate dal Funzionario della Polizia di Stato della Questura di Ragusa responsabile dell’Ordine Pubblico. A tali operazioni partecipavano 30 Agenti della Polizia di Stato ed altri operatori delle Forze dell’Ordine, la Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana ed i medici dell’A.S.P. per le prime cure.
Completate le fasi di assistenza e identificazione da parte dell’Ufficio Immigrazione della Questura, tutti i migranti venivano ospitati al C.P.S.A. di Pozzallo (RG).
Contestualmente all’arrivo dei migranti a bordo delle due navi, l’Ufficio Ordine Pubblico della Questura di Ragusa traferiva mediante due arei charter 300 superstiti dello sbarco giunto in questo sito portuale con i 45 cadaveri in data 1 luglio.Le indagini
Gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Ragusa e del Servizio Centrale Operativo (Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato), collaborati da un’aliquota della Sez. Oper. Nav. della Guardia di Finanza di Pozzallo ed un’aliquota della Compagnia Carabinieri di Modica sin dai primi istanti dell’approdo delle motovedette hanno iniziato le indagini.
In questa occasione l’individuazione dello scafista è stata abbastanza semplice considerato che era l’unico cittadino non eritreo soccorso in mare.
In questi casi è difficile trovare i testimoni in quanto i cittadini eritrei hanno molta diffidenza nei riguardi delle Forze di Polizia ma con un po’ di tempo e l’aiuto dei mediatori loro connazionali si riesce sempre a carpire la loro fiducia.
A carico dello scafista tunisino sono emersi elementi di responsabilità schiaccianti, difatti dopo qualche ora di interrogatorio ha confessato le proprie responsabilità. Altro indizio raccolto dagli investigatori è emerso dalla perquisizione accurata; all’interno della ciabatta infradito, arrotolati ed infilati dentro un buco appositamente ricavato, l’uomo aveva occultato il guadagno per il “lavoro” svolto, ben 3.000.
La professionalità degli uomini della Polizia Giudiziaria ha permesso di scovare il nascondiglio del provento dell’attività illecita, elemento che ha permesso di sequestrare ai fini della confisca il denaro già depositato su un libretto postale.