Ha, purtroppo, suscitato molte (ingiustificate) ironie l’immagine di un bambino robusto entrato in campo insieme alla squadra olandese.
La gioia di entrare in campo con una Nazionale deve essere immensa per qualsiasi uomo che ama lo sport, figuriamoci per un bambino. Ma questa volta la felicità di un bambino non è stata presa in considerazione. No, si è pensato bene di fare dell’ironia sul suo aspetto, sulle sue forme, sul suo essere.
Sull’argomento la scrittrice Elisa D’Ospina ha voluto dire la sua dalle pagine del Fatto Quotidiano:
Entrare per mano del calciatore in quello stadio pieno, colorato, frizzante mentre il cuore accellera passo dopo passo. Se il tutto succede in una partita del mondiale, è un po’ come far parte della storia. Quel bambino per i molti ha una “colpa” : quella di essere sovrappeso. Non importa che storia lui abbia alle spalle, non importa se quella fisicità soffre per chissà quale malfunzionamento o se ha una alimentazione sbagliata: a chi scrive nei social tutto questo non interessa. Lui è diverso, quindi va deriso. Hanno pensato bene di contornarlo di parole ben più pesanti della sua stazza; e questo non solo sui social network. Chi si definisce giornalista lo ha definito il bambino che ha: “Il physique du role per accompagnare i partecipanti del campionato mondiale di sumo, piuttosto che i calciatori di Brasile 2014” (Gazzetta dello Sport). Ma l’Italia non è l’unica a regalarci queste perle di discriminazione in un quotidiano. […]
Questo bambino, entrato in campo con il suo corpo che chissà quante volte gli avrà creato disagio, è stato da noi adulti deriso a livello mondiale. Si perché oggi come oggi, pur di avere un like in più, non si guarda in faccia nessuno, e non importa se sia un bimbo, un adulto, una donna, solo perché dotati di un mezzo di comunicazione ci sentiamo legittimati a dire la nostra. Non mi stupirei se questo bimbo domani fosse vittima di depressione, facendo un giro nel web le battute su di lui si sono sprecate