Direttamente dal Frecciarossa Roma-Milano.
Domenica scorsa sono stato a Roma a vedere gli imperdibili (e bollitelli, che il correttore cerca di tradurre in Balotelli) Rolling Stones.
Anni fa, a Milano, Mick Jagger, indossò la maglia della Nazionale. Stavolta non lo ha fatto. D’Alessandro e Galli e il primo cittadino della Capitale, Ignazio Marino, forse non avevano abbastanza denaro per acquistarne una in qualsiasi bancarella di tricolore addobbata.
Mick Jagger con la sua vocina, dal palco sotterrato del Circo Massimo, ha profetizzato per stasera un 2-1 per l’Italia. E giù applausi dagli ottantamila. Oggi pomeriggio sono a Milano per incontrare i Motörhead, lo ammetto, la mia malattia rock incurabile. A Lemmy Kilmister, leader della band, inglese al 100 per cento, di salvare re Rooney e la regina, non gliene frega proprio niente.
Nella vita, dice, c’è di meglio da fare, tipo andare appresso alle donne, ascoltare del buon rock’n’roll, mantenersi vivi e vegeti proprio come i Rolling Stones. Pino Scotto, mito vivente dell’heavy rock fatto in Italia (o preferite Made in Italy?), da sempre impegnato in campo sociale, di questi azzurri divetti con la palla attaccata al piede, proprio non va giù nulla: capricci, gol, veline e conti in banca. Tutti a dire abbiamo vinto. Ma vinto che cosa? La Coppa del Nonno?
Ma ci pensate a quanta gente in Brasile, in Italia, nel mondo, non ha neanche un tozzo di pane e un po’ d’acqua potabile? E allora, stasera ci godiamo un altro pizzico di buon rock’n’roll. Per il resto, ci limiteremo a canticchiare un flebile Viva l’Italia… o Povera patria..