Mondiali 2014? “Non so francamente di cosa si tratti”

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Al mio atavico limite alla socializzazione, dato da una fortemente immutabile astemia congenita, in questi giorni di marasma collettivo, si aggiunge un altro forte elemento: i Mondiali in Brasile.

Non so francamente di cosa si tratti nello specifico. Per molti anni mi sono illuso si trattasse di una tregua a ogni forma di violenza e di conflitti tra le nazioni che ogni quattro anni sfocia in una sorta di grande pacificazione seppur temporanea. Una sorta di grande festa del mondo. Nel mondo ci sono talmente tante giornate mondiali che questa, ho pensato, poteva essere una tra le tante.

Mi sbagliavo. Ho allora immaginato che si trattasse di un grande evento miracoloso dalla partecipazione corale ed emotiva cadenzato, come ad esempio liquefazione del sangue di San Gennaro, reso possibile per via delle preghiere di mariti e fidanzati.
Un miracolo che ogni quattro anni convertiva le loro compagne a questo sport e le rendeva partecipi piuttosto che borbottanti o recalcitranti. Ma anche in questo caso la disillusione è presto giunta. Ho cercato allora di comprendere meglio di cosa potesse trattarsi.

Ci sono! Ho immaginato per un momento, si trattasse di una eccezionale festa di carnevale in cui una volta ogni quattro anni è lecito impazzire, come dicevano i latini. È possibile scendere in strada festeggiando all’impazzata, suonando clacson di autovetture come forsennati, scorazzando per le vie del centro in moto senza casco, a bordo delle autovetture costipate di passeggeri all’inverosimile, e facendo baldoria sino a notte fonda magari, senza che nessuno si sogni minimamente di protestare o adirarsi. Sì, una sorta di festa mondiale carnescialesca in cui tutti diventano lecitamente matti riscoprendosi tifosi della nazionale e tirando fuori da cassetti e armadi bandiere e maglie.
A differenza ad esempio del cinquantasettenne brasiliano Nelson Paviotti che è per costrizione accanito sostenitore della nazionale in tutti i giorni dell’anno, che ci siano i mondiali o meno. Paviotti aveva scommesso infatti che se il Brasile avesse vinto i mondiali nel 1994, avrebbe per tutta la vita solo indossato i colori della nazionale. E così da vent’anni veste solo con giacca gialla, pantaloni blu o bianchi, camicia verde o bianca, rispecchiando le diverse varianti della divisa del Brasile. Bah! Senza parole.
Ma l’illusione, dicevo, è durata anche in questo caso poco.

Di che diamine si tratta allora? Che sono ‘sti benedetti o maledetti mondiali? Ho infine pensato, a corto oramai di idee, che non siano altro che una grande trovata pubblicitaria per far riscoprire ad ogni Paese tutto l’orgoglio nazionale alle volte dimenticato.
Durante questi periodi di grande euforia non c’è infatti oggetto di uso quotidiano che non riporti il simbolo della bandiera. Ultimamente persino il mio fruttivendolo ha tentato l’impresa dell’orgoglio nazionale rifilandomi un packaging verde bianco e rosso. Leggo persino di condom griffati in stile mondiale! Nulla da fare nemmeno in questo caso.

Le cose non stanno esattamente cosi. E allora? Non mi rimane che prendere atto della evidenza. Si tratta di un fantastico modo per ritrovarsi tutti insieme attorno ad un ideale: quel calcio giocato in campo senza le brutture a cui spesso siamo abituati dalle nostre parti, sorseggiando una birra e gustando una buona pizza.
Non per me, tuttavia, che, come vi dicevo, sono astemio, a dieta in vista della stagione estiva e devo ancora capire se il calcio di punizione è una azione sportiva o uno di quei sonori calci che alle volte beccavamo da bambini quando facevamo esasperare i nostri genitori!

 

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