Con i 18 voti ottenuti dalla mozione del Pd e solo 17 ottenuti da quella della maggioranza che sostiene il sindaco Abbate, seppure entrambe modificate con opportuni emendamenti in modo da ridursi ad essere lo stesso identico testo, i due gruppi condividono sostanzialmente l’indirizzo orientato alla costituzione del Consorzio del Val di Noto, ma se ne contendono la paternità.
I consiglieri del Partito Democratico Giovanni Spadaro e Carmelo Cerruto, infatti, nel corso della seduta di ieri si sono rifiutati di approvare la mozione della maggioranza, seppur opportunamente emendata, poiché in origine i consiglieri abbatiani avevano promesso di ritirarla poi presentare direttamente il nuovo testo su cui ci si era messi d’accordo poco prima in conferenza dei capigruppo, e forse erano pure convinti di averlo fatto, se non fosse che il Consiglio si è incartato in questioni procedurali riuscendo a dibattersi per quasi mezz’ora nel dubbio di quale punto all’ordine del giorno si fosse effettivamente incardinato e si stesse mettendo ai voti: alla fine il Segretario generale e il presidente Garaffa hanno chiarito che sarebbe stato necessario porre comunque ai voti singolarmente le quattro mozioni presentate, corrispondenti ad altrettanti punti all’ordine del giorno.
Ma, appunto, il Pd ha preferito astenersi su quella della maggioranza, che era la prima in elenco, allo scopo di ottenere il risultato politico – seppur di valore più formale che sostanziale – di costringere la maggioranza a votare la propria e dunque assumersi la paternità politica dell’atto di indirizzo con cui, in ogni caso, si è dato alla fine mandato al sindaco di operare nella direzione da lui voluta: quella del Consorzio del Val di Noto, appunto, a cui corrisponde un preciso elenco di Comuni del comprensorio modicano e della zona sud del siracusano.
Si era in origine ipotizzato di eliminare questo elenco e questo avrebbe messo un maggior numero di consiglieri nelle condizioni di poter condividere la mozione, giacché sotto la dicitura “Val di Noto” si sarebbe potuto a ben vendere considerare anche Ragusa, ma su questo il Pd per primo è stato intransigente e anzi ha accettato, nel chiudere l’accordo finale, che la maggioranza emendasse la propria mozione eliminando quella che era la seconda parte del dispositivo della mozione e che avrebbe stabilito, “in subordine alla presa d’atto della non disponibilità di alcuni comuni”, di “riavviare gli opportuni contatti, con i comuni della ex Provincia di Ragusa”.
“Il Pd in questo modo accetta l’entrata a gamba tesa della maggioranza che dice: o si fa come diciamo noi o niente”, ha rilevato il consigliere di Sel Vito D’Antona: “E quello che dice la maggioranza è di eliminare qualunque riferimento, persino nominale, a Ragusa, preferendo limitarsi ad indicare genericamente la ricerca di altre ipotesi, qualunque altra ipotesi che non sia quella di restare nel territorio della ex provincia e lavorare per ampliarlo”. Vito D’Antona, insieme a Tato Cavallino, Michele Colombo, Alessio Ruffino, Claudio Gugliotta e Giovanni Rizza, hanno votato la mozione che avevano presentato, così come Giovanni Scucces e Andrea Rizza hanno votato la propria. Si sono astenuti invece su tutte le mozioni il terzo consigliere del Pd Ivana Castello e il presidente Roberto Garaffa.
La mozione risultata maggioritaria introduce anche una rilevante novità di metodo: la costituzione di una commissione formata da consiglieri di maggioranza e di opposizione, oltre che dai rappresentanti delle categorie e delle associazioni che operano in città, che avrà un compito di “delegazione trattante” con i rappresentanti istituzionali degli altri Comuni, a cominciare da quelli del comprensorio. “Ciò che intendiamo privilegiare – ha spiegato per primo il sindaco Ignazio Abbate – è continuare a lavorare per creare le condizioni affinché siano i cittadini ad esprimere la propria volontà attraverso il referendum”.
Resta da rilevare, tuttavia, il fatto che 18 consiglieri non rappresentano quella maggioranza qualificata di due terzi che servirebbe poi per approvare la delibera finale e che in ogni caso l’indirizzo stabilito è ben lontano dall’essere inequivocabilmente quello del Consiglio e della città (basterà dire che il Consiglio comunale di Gela, per approvare l’uscita dalla provincia di Caltanissetta, ha deliberato due settimane fa all’unanimità dei presenti: 26 su 26).