Distributori di benzina chiusi il 18 giugno e niente self service dal 14 al 17. È lo sciopero proclamato da Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio per protestare contro i prezzi alti imposti dalle compagnie in un contesto di “indifferenza e sostanziale inerzia della politica e delle Istituzioni”.
Nel concreto l’agitazione prevede:
- – dalle ore 7 del 14 giugno, alle ore 19,30 del 17 giugno, chiusura alle vendite dei self service pre-pay negli orari di apertura degli impianti, con relativo oscuramento dei prezzi “scontati” ad essi collegati e dell’insegna della compagnia;
- – dalle ore 19,30 del 17 giugno, alle ore 7 del 19 giugno, sciopero generale nazionale degli impianti di rete ordinaria;
- – dalle ore 22 del 17 giugno, alle ore 22 del 18 giugno, sciopero generale nazionale delle aree di servizio autostradali;
- – il 18 giugno, manifestazione nazionale dei Gestori di rete ordinaria ed autostradale a Roma;
- – dalle ore 24 del 21 giugno, alle ore 24 del 28 giugno, non sarà accettato alcun mezzo di pagamento elettronico (carte di credito e di debito, pagobancomat, carte petrolifere, ecc.) e saranno sospese tutte le campagne promozionali di marchio su tutta la rete ordinaria.
Le tre associazioni lamentano che politica e istituzioni “si limitano ad occuparsi di benzina solo per aumentarne sistematicamente le accise”, quando invece “il mercato della distribuzione carburanti continua ad essere bloccato dall’assenza di trasparenza che consente anche la sempre più frequente e conclamata violazione delle leggi che pure, con tutti i limiti, ci sono e sono vigenti”.
È in questo contesto, spiega la nota dei distributori, “che le compagnie petrolifere, forti del vincolo di fornitura in esclusiva, continuano ad imporre unilateralmente ed arbitrariamente ai gestori prezzi con tutta evidenza fuori mercato e comunque molto più alti di quelli praticati da un ristretto numero di impianti, cosiddetti ‘no logo’ o posti in prossimità dei supermercati, che pure vengono riforniti dalle medesime compagnie petrolifere”.
Un comportamento, continua la nota, “che danneggia la stragrande maggioranza degli automobilisti italiani, prima ancora che le migliaia di piccole imprese di gestione, spinte forzatamente al fallimento ed alla perdita della loro attività che occupano complessivamente oltre 120.000 lavoratori“.
Per questo, viene proclamato lo stato di mobilitazione generale.