Un’intervista doppia ai due signori della scherma modicani: Giorgio Scarso (Presidente della Federazione Italiana Scherma) e Giorgio Avola, fiorettista delle Fiamme Gialle e oro a squadre alle Olimpiadi del 2012. L’intervista è stata pubblicata su Freetime Sicilia nel 2012.
GIORGIO SCARSO
Nome: Giorgio
Anni: 66
Arma: fioretto e spada in particolare
Quanti anni aveva quando li ha presi in mano per la prima volta?
Avevo 23 anni.
E quand’è l’ultima volta che ha tirato di scherma?
Credo che in realtà sia stato… 35 anni fa!
Come definirebbe il ruolo della scherma nella sua vita?
Direi che è stata un po’ l’occasione di spenderci la vita.
Cos’è per lei la Scherma Modica?
Una buona parte della mia esistenza. Ci ho speso la vita.
Cosa ha pensato di lui, la prima volta che ha conosciuto Giorgio Avola?
Che era sicuramente un ragazzino come tanti altri che aveva voglia di provare la scherma. Strada facendo, nel giro di un paio d’anni, mi sono reso conto che aveva qualcosa in più.
Cosa si aspettava da lui, quando ha saputo che non era stato convocato come titolare per le Olimpiadi?
Ho apprezzato molto il comportamento che ha tenuto. Da galantuomo, da atleta, da persona perbene, un atleta dalla grande personalità e dalle grandi potenzialità.
Come avete affrontato insieme Londra 2012?
Ci siamo parlati poche volte, credo che ci siamo pensati molto a vicenda. Sapevo quanto Giorgio ci tenesse, e si è lavorato con grande convinzione perché si tratta di un’occasione unica nella vita da sapere cogliere, e Giorgio l’ha fatto in maniera magnifica.
Qual è stata la prima cosa che gli ha detto dopo la vittoria dell’oro a squadre?
Soltanto: “Maestro ce l’abbiamo fatta”.
Cosa rappresenta per lei e per la sua storia l’oro di Londra 2012?
La testimonianza che l’impegno alla lunga paga.
Modica nella scherma italiana e mondiale: troppa, o ancora troppo poca?
Io credo che bisogna saper cogliere ogni occasione per fare un attimo di riflessione. Credo sia una bella tappa, ma non voglio mettere limiti al futuro che questa società possa esprimere in seguito qualcosa di altrettanto grande. Considerato che Giorgio è ancora molto giovane, ed ha per lo meno due Olimpiadi di fronte, credo ci sia da aspettarsi di tutto.
E, al di là della scherma, quanto si porta dietro della sua città quando è via?
Direi tantissimo, perchè indirettamente, senza che voglia erigermi ad ambasciatore, con la gente sapendo che sono di Modica, si finisce a parlare di Modica e della modicanità e di tutto ciò che esprime di bello questa città.
Oltre a quello che gli ha insegnato, pensa di aver imparato qualcosa da lui?
Sì, che credo di poter dire che mi ha dato una lezione di stile.
Se dovesse definire il suo ruolo nella sua vita, cosa direbbe?
Sono talmente i sentimenti che si radicano tra un atleta e un maestro! E va detto che per me più che un figlio schermistico, Giorgio è un nipote schermistico. All’inizio quando è entrato l’ho seguito io, ma negli ultimi 7 – 8 anni ha lavorato con Eugenio Migliore, mio allievo. Quindi mi sento doppiamente gratificato.
Cosa farebbe se avesse di nuovo 23 anni come lui?
Ricomincerei daccapo e farei le stesse identiche cose che ho fatto, con lo stesso impegno, lo stesso entusiasmo, la stessa determinazione. L’Olimpiade è sicuramente il momento più gratificante per qualsiasi attività sportiva. Ma non voglio dimenticare i passaggi che questa società ha vissuto, dal primo campione regionale, al primo campione italiano, avere realizzato una sede degna di questo nome. Sono state tante le medaglie d’oro che questa società ha vinto. E’ chiaro che la più bella, la più spendibile è quella che ha vinto Giorgio, ma noi in questi 28 anni abbiamo vinto una serie di medaglie che conserviamo nel cuore.
GIORGIO AVOLA
Nome: Giorgio
Anni: 23
Arma: Fioretto
Quanti anni avevi quando l’hai preso in mano per la prima volta?
Avevo 5 anni e mezzo. Ma il mio primo vero ricordo è quando è arrivato il momento della divisa da grandi, il fioretto di ferro: ricordo che non ci ho dormito la notte per la contentezza.
E quand’è l’ultima volta che hai tirato di scherma?
Credo che in realtà sia stato… alla finale olimpica!
Come definiresti il ruolo della scherma nella tua vita?
Di importanza più che primaria: non mi ha forgiato solo nello sport, ma anche a stare nella giungla della vita, insegnandomi i principi di lealtà e rispetto per l’avversario.
Cos’è per te la Scherma Modica?
È il mezzo attraverso cui sono riuscito a realizzarmi, o almeno ad arrivare a questo punto. È la mia seconda famiglia: non a caso ho sempre con me le chiavi di casa e quelle della palestra.
Cosa hai pensato di lui, la prima volta che hai conosciuto Giorgio Scarso?
Si presentava come il capo supremo della situazione ai bambini del corso scolastico: si vedeva che dall’esercito aveva portato con sé il rigore, la perentorietà, l’attenzione al particolare.
Cosa ti saresti aspettato da lui, quando hai saputo che non eri stato convocato come titolare per le Olimpiadi?
Chiaramente ho vissuto la sensazione di essere stato scippato della mia olimpiade e mi aspettavo una mano per riavere quello che mi spettava. Ma sono sicuro che abbia fatto la cosa che riteneva più giusta. E io ho messo davanti agli occhi di tutti la forza della realtà…
Come avete affrontato insieme Londra 2012?
In realtà in pedana c’ero solo io a tirare e mi sentivo solo io: sapevo che era la mia occasione, che mi stavo giocando la faccia e anni di sacrifici. Quindi ho pensato di dover fare del mio meglio per far vedere le mie potenzialità, per fare la miglior prova e nel modo… più eloquente.
Qual è stata la prima cosa che gli hai detto dopo la vittoria dell’oro a squadre?
Nessun commento, non c’era bisogno di parlare.
Cosa rappresenta per te e per la tua storia l’oro di Londra 2012?
Una metafora di vita: si cresce prendendo dure batoste, da cui trarre la forza per fare del proprio meglio. Da questo chiaroscuro di emozioni potrò certamente tirar fuori delle cose positive per me.
Modica nella scherma italiana e mondiale: troppa, o ancora troppo poca?
Se Modica rappresenta uno stile, quello della lealtà e della gente che lavora per fare del proprio meglio e con il massimo impegno, allora ce n’è sempre troppo poca. Il Presidente Scarso ha fatto bene a circondarsi di persone con queste caratteristiche, ma se ne verranno di migliori è giusto che siano premiate e non importa da dove vengano.
E, al di là della scherma, quanto ti porti dietro della tua città quando sei via?
Tutto, pur girando il mondo. Essere continuamente all’estero ti insegna ad avere una visione relativa delle cose e questo è un privilegio non comune. Ma più giro e più mi rendo conto che questo è il posto di cui sono innamorato e quello in cui voglio stare.
Qual è la cosa più importante che hai imparato da lui?
Il rispetto per il mio compagno e il rispetto per il mio avversario.
Se dovessi definire il suo ruolo nella tua vita, cosa diresti?
È un punto di riferimento, lo è sempre stato e sempre lo sarà.
Cosa faresti se avessi 66 anni e ti trovassi al suo posto?
In realtà non potrei farlo, perché ho un mio modo di stare dentro questo mondo. C’è gente che sa tutto della scherma e di come vengono gestite le cose a livello politico: a me di tutto questo non interessa nulla, mi interessa solo il mio fioretto, le gare che faccio, i risultati che ottengo. Quindi lo schermidore fa la sua parte, il politico sportivo ne fa un’altra. Il mio desiderio sarebbe solo che ognuno facesse la propria come io la mia: con lealtà e prendendo le decisioni sulla base dei fatti.