C’era una volta Ragusa, isola nell’isola, l’Eldorado del petrolio e dell’agroalimentare. E mentre i padri s’incontravano al Foro boario, trattavano mucche e cavalli i figli stavano rintanati nelle cantine a fare musica, a passarsi di mano in mano un basso Rickenbacker rubato ai Camaleonti (e qui s’incontrano cronaca e leggenda), a “riscrivere” i grandi classici del prog rock. Fin qui la favola.
Il resto è storia. Amara, se pensiamo che oggi, Ragusa, non è più quel paradiso. Paradossale, se pensiamo che il commissario Montalbano è riuscito nel miracolo di far convergere nel territorio ibleo un gran numero di turisti. Piacevole, quasi romantica, se teniamo conto che il lavoro di quei figli ribelli degli anni Sessanta e Settanta, assetati di Beatles e Rolling Stones ma anche di Jethro Tull, Genesis e Pink Floyd, ha lasciato che il vento che da queste parti soffia costante, cullasse e cospargesse nella fertile terra iblea il seme della passione musicale.
Una passione che parte da lontano, dai fasti dell’americano di Comiso Adamo, che affonda le radici nell’istrionica passione di gente come il maestro Peppe Arezzo, nel caparbio “esistere” di Bruno Morello che, proprio di recente, ha prestato il suo sax a Keith Tippett, alla vena compositiva di Lorenzo Vizzini fortemente cercato da Mario Lavezzi ed Ornella Vanoni, alla fantastica ascesa dell’ex bambino prodigio Francesco Cafiso, catalputato, nell’ormai lontano 2002, ancora in fasce, alla corte di sua maestà Winton Marsalis. Oggi, prolungare quell’elenco infinito di talenti musicali tocca alla giovanissima Deborah Iurato, che ha tenuto i suoi concittadini e un nugolo abbondante di fan “extraterritoriali” con il fiato sospeso fino all’ultima puntata, la finalissima, di “Amici”. E Suor Cristina da ”The Voice”, capitata tra le diaboliche mani di J-Ax e proiettata, novella Sister Act, nel panorama mondiale.
Il perché di questo fermento musicale qualcuno, qualche “malalingua”, lo ha voluto riportare ad una triste realtà: far musica sopperisce alla mancanza di lavoro. Sarà pur vero che la crisi globale ha lasciato la sua impronta anche sul ricco e laborioso Sud Est dell’isola, ma vorremmo ricordare a chi si lascia andare a tali elucubrazioni, che con la musica nessuno (o quasi) si è mai arricchito. Almeno nel portafogli. Al contrario, la cultura, la musica, l’arte in genere, sono la traccia indelebile della voglia di riscatto di una terra seconda a nessuno.
da La Sicilia