La Polizia di Stato arresta famiglia di scafisti egiziana. Padre e figli gestivano “l’affare immigrazione”

0

Ci sono anche due minori di 14 e 17 anni tra i sette presunti scafisti individuati dalle forze dell’ordine a conclusione dell’attività di indagine sullo sbarco avvenuto sabato pomeriggio a Pozzallo. In carcere il comandante del peschereccio, e uno dei suoi tre figli, ed altri tre egiziani. I due minori, figli del rais, sono stati denunciati e si trovano sotto stretta sorveglianza al cpa di Pozzalo. I componenti del sodalizio criminale, secondo quanto accertato dalla squadra mobile, dalla guardia di finanza di Pozzallo e dai carabinieri di Modica, sarebbero i promotori e gli organizzatori dello sbarco di 281 migranti, tra siriani ed egiziani, tra cui vi cono numerosi minori e neonati. L’allarme è stato lanciato venerdi sera e poi nelle ore successive la nave Aliseo della Marina Militare Italiana ha proceduto ad intercettare il peschereccio lungo 15 metri circa e privo di sistemi di sicurezza. In nottata, i migranti sono stati messi in salvo e, lasciato il peschereccio alla deriva, sono approdati al porto di Pozzallo nel primo pomeriggio di sabato. Dalle risultanze investigative è emerso chiaramente che questo viaggio era stato organizzato sia da libici che egiziani ed il ruolo predominante era quello della famiglia HAMEDA. Infatti il padre in quanto raìs ha coinvolto nel traffico di migranti anche  il figlio di appena 14 anni ed un altro di 17.

Secondo quanto accertato dagli investigatori, il comandante del peschereccio insieme al figlio maggiore erano già stati in Italia ed avevano avuto problemi di varia natura con la giustizia, e di questo pare si fossero vantati con il resto dell’equipaggio, tanto da aver proferito testuali parole: “non vi preoccupate tanto in Italia non c’è legge e non si paga nulla”. In questo caso il raìs non ha fatto i conti con gli investigatori della Polizia Giudiziaria, difatti la Procura della Repubblica di Ragusa potrà chiedere la punizione dei colpevoli ed il  giudice potrà infliggere una pena fino a 15 anni di reclusione in carcere e 25.000 euro per ogni migrante fatto entrare clandestinamente in Italia.

In base alle dichiarazioni rese dai clandestini, che convergevano sull’identificazione dei sette presunti scafisti, si è potuto verificare che il modus operandi dello sbarco è stato simile a quello documentato nei precedenti, dunque in termini di raccolta in un luogo ben prefissato prima della partenza, modalità dei pagamenti e trattamenti senza rispetto delle vite umane.