Se è vero che per inventare il futuro è necessario conoscere il passato, allora il libero consorzio del Val di Noto ha un futuro. Ed è, oltre che possibile, anche facile da istituzionalizzare. Partendo proprio da un passato neanche troppo lontano: la diocesi di Noto, istituita nel 1844, il cui territorio si adatta perfettamente all’idea del Libero consorzio.
IL TERRITORIO E LA POPOLAZIONE.
La Diocesi netina comprende i Comuni di Noto, Avola, Pachino, Portopalo di Capo Passero, Rosolini, Modica, Ispica, Scicli e Pozzallo. Nel 1950, con l’erezione della Diocesi di Ragusa, quella di Noto rischiò la soppressione che fu evitata con un escamotage. Noto “cedette” alla costituenda Diocesi ragusana il territorio di Giarratana e, così, si salvarono “capre e cavoli”. La popolazione della Diocesi netina è di oltre 215.000 abitanti, più che sufficienti a costituire un Libero Consorzio; la normativa regionale, infatti, prevede un minimo di 180.000 abitanti. Tutto ciò, ovviamente, se si decidesse di far coincidere il Consorzio del Val di Noto solo con l’ambito territoriale dell’attuale Diocesi. Cosa che appare la più probabile. Anche se, dalle prime riunioni promosse dal sindaco di Modica, Ignazio Abbate, con i Comuni limitrofi interessati, è emersa pure la possibilità di includere nella nuova geografia istituzionale del Sud est isolano anche Palazzolo Acreide, Ferla e Cassaro. In questo caso la popolazione del “Val di Noto” salirebbe a circa 218.000 abitanti. Le assemblee già svolte hanno evidenziato, tuttavia, dei distinguo inaspettati perché provenienti proprio da Scicli, Ispica e Pozzallo che fanno parte – ancor più dei centri del Siracusano – dell’omogeneo tessuto (sociale, culturale e commerciale) del comprensorio modicano. Non solo in termini di vicinanza geografica ma, soprattutto, in termini di servizi: uno per tutti quello sanitario e – seppure in bilico per la improvvida riforma Cancellieri – quello giudiziario facente capo al Tribunale di Modica. Una presa di distanza, da parte dei sindaci del comprensorio, che sarebbe stata causata dall’atteggiamento poco diplomatico (e, spesso, autoritario) del primo cittadino di Modica. Un “peccato” in cui Abbate sembra cadere spesso e che provoca risentimento negli interlocutori di turno. Ma, secondo noi, è un difetto a cui si può porre rimedio se si pensa ai vantaggi e, ancor di più, alle potenzialità che il Consorzio comunale del Val di Noto possiede in termini di sviluppo commerciale, sociale e, soprattutto, turistico. Non si può, insomma, affossare un progetto per i “capricci” di un sindaco che ha, comunque, alle spalle un consiglio comunale che ragiona. E, soprattutto, c’è una città che esprime imprenditoria di eccellenza (con una zona industriale che si chiama, tra l’altro, “agglomerato industriale Modica-Pozzallo”), associazioni commerciali e culturali di grande tradizione e che, in questa occasione, deve essere coinvolta nella elaborazione di quei contenuti che devono caratterizzare il Libero Consorzio del Val di Noto. Che non è un fatto personale di uno o più sindaci. E’ una scelta che interessa tante comunità di pari dignità.
LA CULTURA, IL TURISMO E IL COMMERCIO
Pochi dubbi sul fatto che il retroterra socio-culturale del Val di Noto si fondi su una comunanza indiscussa tra l’area della Contea e il Siracusano; due territori che, fino all’inizio del 1900, erano legati anche da un punto di vista istituzionale. Modica, infatti, prima della costituzione della provincia di Ragusa, era sottoprefettura di Siracusa e, come tale, rappresentava un importante punto di riferimento per diversi comuni del Siracusano che, ancora oggi, si sentono molto più vicini a Modica che a Siracusa. E’ il caso di Rosolini. Ma, anche, di Noto e di Pachino. Si tratta di affinità che, da oltre un decennio, sono state incrementate e rafforzate dalla realizzazione del polo commerciale di Modica, situato in una zona strategica per favorire non solo la parte orientale del territorio ibleo ma, pure, quei centri del Siracusano che, con il completamento del tratto autostradale Rosolini-Modica della Siracusa-Gela, contribuiranno ad una sempre maggiore omogeneità territoriale del Val di Noto. Si riducono, quindi, le distanze e, nel contempo, aumentano le potenzialità turistiche di un bacino che ha pochi raffronti in Sicilia. Si pensi ad un itinerario turistico che abbracci il barocco di Noto, Modica, Scicli e Ragusa Ibla; il Liberty di Ispica; i tesori archeologici del Parco della Forza, di Cava Ispica e di Camarina; la natura incontaminata dei laghetti di Avola; Vendicari e la foce dell’Irminio; le spiagge e i villaggi turistici che, partendo da Capo Passero e, passando dai litorali di Ispica, Pozzallo, Scicli e Modica, arrivano fino agli arenili di Marina di Ragusa, Santa Croce e Scoglitti. Un itinerario che ha, come punti di riferimento, le due città-guida del Consorzio: Modica e Noto. Ma c’è di più. Le eccellenze enogastronomiche: il cioccolato di Modica; il moscato di Noto; il Nero d’Avola dei vigneti del Sud Est siciliano; il pomodoro di Pachino; la carota di Ispica; il pesce di Portopalo e di Pozzallo; le primizie di Scicli; la mandorla di Avola. Solo per un “assaggio” di una tavola riccamente imbandita. E che dire, poi, di alcune “strane coincidenze culturali” che hanno caratterizzato Modica e Siracusa? Le prime che vengono in mente ci riportano a Salvo Randone, uno dei “grandi” del teatro italiano, e a Vitaliano Brancati. Randone, nato a Siracusa, studiò a Modica. Brancati, nato a Pachino, scrisse il romanzo “Il vecchio con gli stivali” che ispirò il film di Luigi Zampa “Anni difficili” interamente girato a Modica. Coincidenze, casualità. Ma la storia è fatta anche di coincidenze. Come quella che riguarda Salvatore Quasimodo, il Nobel, nato a Modica nel 1901 quando Modica faceva parte della provincia di Siracusa.
IL DISTACCO
Il Libero Consorzio del Val di Noto avrebbe come conseguenza il “distacco” di quattro comuni dall’ex Provincia di Ragusa. Modica, così come prevede la legge regionale, assumerebbe il ruolo di capofila essendo il Comune più popoloso. Per molti, una rivalsa nei confronti di Ragusa, una “vendetta” servita fredda a distanza di 87 anni da quel 1927 che fece assurgere Ragusa a capoluogo di provincia. Parlare di campanilismo, tuttavia, appare davvero riduttivo e, soprattutto, anacronistico.
“Il problema – afferma lo storico Giuseppe Barone – è squisitamente politico. La legge regionale, malgrado molte imperfezioni, presuppone che per dar vita ad un Consorzio sia necessario fondare – o rifondare – un progetto condiviso tra tutti i comuni aderenti, un patto costituente basato sul libero consenso, sulla corresponsabilità, sull’equa partecipazione ai costi e ai benefici”. Un insieme di cose che presuppongono anche una sorta di patto di solidarietà tra i territori interessati. In fatto di solidarietà, in questi anni, non ci sembra che Ragusa abbia brillato. Basterà pensare alla chiusura della discarica ragusana ai comuni del Modicano nel periodo dell’emergenza rifiuti. Modica, Scicli, Ispica e Pozzallo furono costretti a servirsi della discarica di Motta S.Anastasia con costi alle stelle. “Le classi dirigenti del capoluogo – continua Barone – hanno sempre sopravvalutato il loro ruolo ed hanno preso tutto ciò che era possibile prendere. Hanno accentrato funzioni, servizi, infrastrutture. Sanità e viabilità sono gli esempi più evidenti. Per non parlare della vicenda del Tribunale di Modica. Quando hanno avuto l’opportunità di fare un gesto di generosità politica (il Tribunale unico con quello di Modica, come era stato proposto) hanno tenuto un atteggiamento a dir poco arrogante”. Vale la pena di ricordare, a questo proposito, il comportamento del sindaco di Ragusa che, in più di una occasione, ha rifiutato il dialogo con quello di Modica, sbarrando la strada a qualsiasi tipo di accordo, adagiandosi, invece, sulle posizioni del presidente del Tribunale di Ragusa, Tamburini. Quest’ultimo, tra l’altro, si è rifiutato di applicare una ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa di Palermo sull’esigenza di utilizzare la moderna ed efficiente struttura del Palazzo di giustizia di Modica. Molti fatti, come è facile vedere, per lo più recenti, e poco campanilismo. Sui fatti, allora, bisogna dialogare con i Comuni del Val di Noto, mettendo da parte pregiudizi e ripicche di natura partitica. Chi vuole sedersi allo stesso tavolo per progettare il futuro di un territorio dalle enormi potenzialità deve avere la consapevolezza di rappresentare anche un grande passato. E, soprattutto, la dignità di migliaia di cittadini.