Diciamolo subito: “Il Bell’Antonio”, andato in scena venerdì 28 febbraio al “Garibaldi” per la stagione di prosa, è il classico esempio di teatro con la T maiuscola. D’altra parte, non poteva essere diversamente avendo sul palco attori come Giancarlo Zanetti e Andrea Giordana. Senza, naturalmente, voler far torto agli altri: Luchino Giordana, Elena Callegari, Giorgia Visani, Michele De Marchi, Simona Celi, Natale Russo e il modicano Alessandro Romano. “Il Bell’Antonio”, reduce da due settimane di repliche al “Manzoni” di Milano, è approdato nel cartellone del “Garibaldi” giusto in tempo per rinvigorire e innalzare i toni di una stagione condizionata – come ha affermato alla fine dello spettacolo il direttore artistico, Andrea Giordana – dalle ristrettezze economiche da cui sono afflitte le casse dei Comuni: piccoli, medi, e grandi. Sulla validità del lavoro ci siamo già pronunciati. Un lavoro più che collaudato e attori di grande professionalità. La regia di Giancarlo Sepe si rivela attenta al testo originale dello scrittore siciliano Vitaliano Brancati grazie anche alla riduzione teatrale curata dalla figlia di Brancati, Antonia, e da una delle interpreti, Simona Celi. Una trasposizione teatrale non facile, condizionata sicuramente dai sentimenti ma non per questo meno gradevole e comprensibile. L’Italia fascista derisa ne “Il vecchio con gli stivali” (da questo romanzo di Brancati fu tratto il film “Anni difficili” di Luigi Zampa girato proprio a Modica) si ritrova nello spaccato siciliano della famiglia catanese dei Magnano che alleva, nel benessere borghese e nel culto di un iconografico “gallismo” tutto meridionale, il rampollo Antonio, desiderato dalle donne e circondato da un alone di infallibile dongiovanni. Una fama alimentata, però, soprattutto dalle parole e dalle voci più o meno interessate. Fino alla confessione di una realtà tanto più difficile da accettare quanto più era stata fatua la leggenda del “Bell’Antonio” incapace, dopo il matrimonio, di assolvere ai suoi doveri coniugali con la donna più amata. Una sorta di inevitabile catarsi o di ineluttabile vendetta di un destino tutto siciliano e Pirandelliano. “Il Bell’Antonio” è andato in scena proprio a 60 anni dalla morte di Vitaliano Brancati (nato a Pachino nel 1907 e morto a Torino nel 1954). Ed è andato in scena al Teatro Garibaldi, dirimpettaio di uno spicchio di Modica che fu cittadella della cultura dove Brancati compì gli studi inferiori prima di trasferirsi a Catania, nel 1920. E in quell’oasi culturale c’è ancora il Liceo “Campailla” dove, proprio la sera dello spettacolo, campeggiava uno striscione degli studenti con su scritto: ci avete tolto l’identità, lasciateci la dignità”. Forse un segno dei tempi?
Prossimo appuntamento con la stagione teatrale, giovedì 6 marzo con “L’avaro”. Sul palco: Lello Arena, Fabrizio Vona, Francesco Di Trio, Valeria Contadino, Giovanna Mangiù, Gisella Szanislò. La regia è di Claudio Di Palma.