Il Consiglio di giustizia amministrativa di Palermo vuole far funzionare il Tribunale di Modica per una migliore organizzazione del sistema-giustizia nel territorio ibleo e ordina al presidente del Tribunale di Ragusa (che ha accorpato quello di Modica) di utilizzare al meglio il Palagiustizia di Modica. Tamburini, invece, considera carta straccia il provvedimento del Cga malgrado il Palazzo di giustizia di Modica – secondo il parere di tutti e il buon senso – è in grado di assolvere alle funzioni per cui è stato realizzato con una spesa di oltre dieci milioni di euro. Tamburini non molla e manda a dire che quanto deciso e consigliato dal Cga comporterebbe – sostanzialmente – un aggravio di spese perché i fascicoli e gli archivi (frettolosamente spostati da Modica a Ragusa per essere ammassati nei corridoi e sulle scale del palazzo di via Natalelli) dovrebbero essere nuovamente trasferiti a Modica. Secondo Tamburini, insomma, la sistemazione di nuovi locali (nel caso specifico il Palazzo Ina di piazza San Giovanni, scelto con straordinaria unità di intenti tra lo stesso Tamburini e il sindaco di Ragusa, Piccitto) è meno onerosa. Ma il trasloco di archivi e fascicoli da via Natalelli a piazza San Giovanni (dove si trova il Palazzo Ina) come intende farlo il presidente? Forse utilizzando i dipendenti nella pausa pranzo o dopo l’orario d’ufficio? Non dovrà affidarsi, suo malgrado, ad una ditta specializzata? E quanto risparmierà rispetto ad un trasferimento a Modica? Qualche centinaio di euro: nulla, rispetto ai soldi pubblici, già spesi e ancora da spendere per sistemare Palazzo Ina. Ma tant’è. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa la Corte dei conti che, in materia di lotta agli sprechi, può vantare qualche esperienza! E il Comitato a difesa del Tribunale di Modica ha già inoltrato una segnalazione alla Procura generale dell’organismo di controllo.
Tamburini, poi, afferma che, nel caso di iscrizione a ruolo di nuovi affari nella sede di Modica, si dovrebbero ricreare degli accorgimenti informatici. Forse qualcuno ha avuto troppa fretta nel disattivare questi accorgimenti informatici? Anche in questo caso sarebbe interessante andare più a fondo nella ricerca della verità.
La vicenda del Tribunale di Modica che, secondo Tamburini, deve morire a tutti i costi, malgrado le possibilità di razionalizzazione e di coesistenza con quello di Ragusa, vede coinvolti anche i dipendenti che, dallo scorso settembre (quando entrò in vigore la contestata riforma della geografia giudiziaria) stanno ingoiando il rospo di un luogo di lavoro inadatto a svolgere funzioni delicate e riservate. Tutto ciò senza che le autorità preposte al controllo (Genio civile, vigili del fuoco, ispettorato del lavoro, azienda sanitaria) siano intervenute per verificare le condizioni di sicurezza dello stabile di via Natalelli intasato all’inverosimile. Magari i controlli saranno eseguiti nel mese di aprile – o, addirittura, in estate – dopo che il solerte sindaco di Ragusa avrà consegnato i locali del Palazzo Ina riadattato a uffici giudiziari (malgrado una originaria destinazione turistico-alberghiera) con i soldi dei contribuenti. Anche questa, forse, una spesa che si sarebbe potuta evitare! I dipendenti, dicevamo. I quali non hanno neppure protestato, come se qualcuno avesse messo loro una mordacchia pronta ad essere stretta nei casi di “insubordinazione”.
Ma tutta la vicenda non può essere archiviata senza parlare del ruolo (o, meglio, del “non ruolo”) delle istituzioni e di chi le rappresenta. Innanzitutto, il sindaco di Modica, Ignazio Abbate, che ha avuto paura ad alzare la voce, a far valere i diritti di una collettività che viene quotidianamente spogliata di pezzi importanti della sua storia e della naturale vocazione di città-comprensorio. Abbate è stato “tirato per la giacchetta” alle proteste e alle iniziative del Comitato a difesa del Tribunale, le ha sostenute timidamente, dando l’impressione che il caso rappresentasse solo una seccatura. Una presenza e una solidarietà soltanto formali quando sarebbe stato necessario porre in essere tutte le risorse – anche a livello politico – per una battaglia di vitale importanza. E, dal momento che si parla di politica, bisogna sottolineare l’indolenza dei cosìddetti rappresentanti del territorio a livello nazionale e regionale in quelle sedi dove si discute e, qualche rara volta, si decide. Rappresentanti del territorio che sembrano accalorarsi soltanto quando c’è da esprimere soddisfazione per qualche elargizione in euro, o nel presentare improbabili interrogazioni che servono per conquistare una finestrella di spazio mediatico con sdolcinati comunicati stampa. Anche a loro, adesso, si appella il Comitato pro Tribunale di Modica che fa bene a chiedere la mobilitazione di sindacati, associazioni di categoria e società civile e ad alzare la voce contro quello che definisce un “inaccettabile sopruso che cozza “contro la legge, contro il diritto e contro il buon senso”.
Lo scontro fra il presidente Tamburini e il Comitato pro Tribunale di Modica è destinato ad inasprirsi. Il Comitato, fino ad oggi, lo ha affrontato sul piano della piena legalità (e lo dimostra la decisione del Cga disattesa e quasi derisa da Tamburini) e delle questioni di diritto. Questa appare la strada maestra. Ma, adesso, serve mettere in campo anche l’orgoglio di una città che pretende solo di essere rispettata per il ruolo che ha avuto e che continua ad avere nella crescita sociale e culturale del territorio ibleo. Un ruolo ottenuto grazie a tanta fatica, lavoro, sudore. Ma, anche, grazie a genialità e intelligenza. Che non possono essere calpestate da improvvide, umorali e antistoriche decisioni. Incomprensibili, per di più, se provengono da un posto dove si amministra la giustizia!