Alle ipotesi che nei dei decenni si sono elaborate, completate, sovrapposte, nel tentativo di risolvere l’enigma archeologico dell’Ercole di Cafeo – che d’ora innanzi verrà più correttamente indicato, rendendo giustizia alla storia cui appartiene, con il nome di “Eracle di Modica” – da sabato scorso si aggiunge quella del professor Mario Torelli, docente di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana all’Università di Perugia, oltre che accademico dei Lincei, ospite d’onore del convegno organizzato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e dal Comune di Modica per festeggiare il ritorno della preziosa statuetta, dopo il lungo prestito al Paul Getty Museum e al Cleveland Museum of Art.
Se fino a questo momento studiosi e archeologi sono stati orientati a collocare nel III secolo avanti Cristo la datazione della statuetta bronzea rinvenuta nel 1967 in contrada Cafeo, Torelli ha incentrato la sua lectio magistralis sulle ragioni che lo convincono piuttosto a retrocederla al V secolo a.C. e a presupporre che il suo ritrovamento in quella zona, priva di altri riferimenti archeologici, possa essere giustificato da un furto da parte dei romani (o, meno probabilmente, dei cartaginesi) nella colonia di Camarina e da un successivo, comunque misterioso abbandono nella valle dell’Irminio.
“Questo gradito invito – ha detto Torelli – è stato per me occasione di studio su questa statuetta. Provo dunque a consegnarvi l’Eracle così come l’ho visto e analizzato io. Come nei casi, molti nel nostro Paese, di trovamenti di bronzi in terra o in mare – ha spiegato ancora Torelli -, laddove non possiamo rifarci ad altri elementi del contesto che ce li ha restituiti, è estremamente probabile che possa essersi trattato di un pezzo trafugato e poi disperso. Per analizzarlo, dunque, dobbiamo rifarci all’iconografia e allo stile. In questo senso ci viene in aiuto il fatto che si tratti di un Eracle con l’arco, piuttosto che con la clava, e che la sua leontea, naturalistica e con forti sottosquadri, abbia delle caratteristiche molto particolari, estremamente simili a quelle della Chimera di Arezzo, ma anche ad alcune terrecotte etrusche. La postura, inoltre, rispetto alla tipica ponderatio, è estremamente simile a quella del Marte di Todi. Questo studio dell’iconografia e questi confronti – ha concluso l’illustre archeologo – sembrerebbero dunque imporci una datazione alla fine del V secolo a.C.”.
E certamente, rispetto agli studi precedenti e in particolare agli esiti dell’ultimo importante appuntamento di riconsiderazione scientifica sull’Ercole, che risaliva al 2003, anche queste conclusioni dovranno ora essere riprese e approfondite dalla comunità archeologica.
“Non solo è giusto che l’Ercole prenda il nome di questa città, perché è qui la sua giusta collocazione, ma proporrei anche che il Comune di Modica decidesse di inserirlo nel suo logo, accanto a quello dell’Unesco”: è una delle proposte lanciate dalla soprintendente ai beni culturali di Ragusa Rosalba Panvini, che ha fortemente voluto l’organizzazione del convegno di sabato scorso per il ritorno dell’Ercole e ha promesso che “la statuetta non andrà più in giro”. Una promessa confortata dall’orientamento del governo regionale, rappresentato dal capo della segreteria tecnica dell’assessore regionale ai beni culturali Sgarlata, il dottor Domenico Mercurio: “In questi mesi per la prima volta abbiamo lavorato per fare il punto della situazione sulla realtà dei beni culturali in Sicilia, rispetto a cui è necessario un cambio di rotta: valorizzazione, investimenti, apertura dei siti”.
“E’ un momento importante per la nostra città – ha dichiarato il sindaco Ignazio Abbate -, perché il ritorno dell’Ercole è il simbolo di una rinascita: questa città troverà la forza di intraprendere un percorso verso un nuovo e importante ruolo”.
[Fonte: La Sicilia]