Quanto a lungo si può lottare prima che la disperazione abbia il sopravvento? E cosa resta “dopo”? Quando i riflettori si spengono, quando gli attestati di solidarietà ufficiali diminuiscono fino a sparire del tutto e restano solo quelli segreti e forse più sinceri. Come si sopravvive al dramma e al dolore che ne consegue?
Sono tornata a casa Guarascio, senza saperlo proprio nei giorni in cui Giovanni e la moglie avrebbero festeggiato i loro 40 anni di matrimonio. Saranno il tempo e la legge a dire cosa ne sarà di quest’abitazione ma è strano incontrare Martina e Claudia Guarascio, 28 e 32 anni, e fare quattro chiacchiere con loro proprio all’interno del garage di via Brescia che il 14 maggio scorso fu teatro di quell’assurda tragedia.
Iniziamo dalle condizioni di salute della vostra mamma. Come sta?
Rispetto a prima un po’ meglio. Lei ha 64 anni, ha riportato ustioni gravissime su tutto il corpo e solo grazie a chi ci ha aiutate a portarla a Catania è ancora viva perché ci dicevano che al centro grandi ustioni di Catania e Palermo non c’era posto. E’ rimasta all’ospedale di Vittoria 24 ore, ha rischiato l’amputazione delle braccia, era in pericolo di vita e solo quando abbiamo lanciato un appello attraverso i media nazionali è stata finalmente trasferita al Cannizzaro. Ha ancora problemi al collo, nonostante sia stata operata, e i movimenti non sono fluidi, soprattutto quelli delle mani; le ferite si devono ancora cicatrizzare e forse tra un anno o due dovrà essere sottoposta a nuovi interventi chirurgici. Le ustioni non sono del tutto guarite, quelle al volto e alle mani sono le più gravi e poi soffre di pressione e di diabete (quest’ultimo le è venuto a seguito di quel terribile spavento). Oltre alle ferite del corpo ci sono quelle dell’anima. Soffre molto per la mancanza del marito e a maggior ragione in questo periodo dato che si sono sposati il 9 febbraio di 40 anni fa, ieri quindi doveva essere la loro grande festa. La sua vita ormai per lei non ha senso, è tutto finito.
Voi non lavorate, come pagate i suoi farmaci?
Ogni tubetto di pomata costa 30 euro e mia mamma ne deve usare almeno 4 tipi a settimana. Viviamo con poco. Nostro fratello Antonio, che vive in Emilia Romagna e lavora nel settore edile, ci dà una mano. Un’altra persona che sin dall’inizio ci è stata accanto in modo straordinario pur senza conoscerci è Don Vincenzo, un prete di Pompei. Lui ci ha chiamati, ci è stato vicino e poco tempo fa siamo andati nella sua parrocchia a trascorrere qualche giorno e abbiamo avuto modo di conoscere una realtà che, a differenza di quella nostra, aiuta concretamente le persone bisognose senza pensare a un tornaconto personale.
Parliamo un po’ di vostro padre. Quali insegnamenti vi ha lasciato?
Ci ha inculcato i valori della sincerità, della schiettezza e dell’onestà e per questo non abbiamo problemi quando diamo merito alle persone che ci sono state vicine nei momenti di bisogno, cioè una parte dei parenti e gli amici, ma anche quando denunciamo la mancanza della chiesa locale e delle istituzioni.
In che senso?
Abbiamo sempre creduto in Dio e nella Chiesa ma nel momento in cui ci siamo rivolti ad essa, sia prima che dopo la tragedia, molti preti ci hanno chiuso le porte in faccia perché “volevano fatti concreti”. Quanto ai rappresentanti istituzionali ci dispiace dirlo ma, a parte l’assessore Piero Gurrieri che ha scritto all’assessore Borsellino e che si sta impegnando anche per una legge che tuteli la prima casa, quasi nessuno ci è stato realmente vicino e, anzi, qualcuno è stato perfino sgradevole in alcune espressioni. Le tasse continuano ad arrivarci puntualmente, l’ultima proprio oggi: 315 euro per l’acqua e la spazzatura del 2013!
Si è messo in moto, per fortuna, anche un meccanismo grazie al quale tante gente del nord Italia vi ha aiutato…
Grazie alla stampa nazionale la nostra storia è arrivata a tanti normalissimi cittadini che vivono dall’altra parte del Paese e che non smetterò mai di ringraziare per tutti i messaggi, le mail, le lettere. Anche a Natale persone di Roma e di Milano hanno chiamato per farci gli auguri e per infonderci coraggio, ci hanno chiesto di trovare la forza di andare avanti per combattere questa battaglia che sicuramente non avrà fine perché era la stessa che per anni ha combattuto nostro padre. Lui semplicemente non voleva lasciare la propria casa frutto di 40 anni di sacrifici, la casa che ha costruito nei week end da solo. Non poteva sopportare di vedersela portare via. Noi sapevamo che c’erano problemi seri e che la situazione non era molto limpida ma nessuno ci ha voluto ascoltare anche se chiedevamo aiuto a gran voce.
A che punto sono le indagini e l’iter della magistratura?
Paradossalmente noi siamo sempre le ultime a sapere le cose e spesso le notizie le apprendiamo dalla stampa o dal nostro avvocato. Sappiamo solo che ci sono tre indagati per turbativa d’asta, estorsione e falso in atto pubblico e confidiamo nel lavoro dei magistrati. La casa penso sia ancora del proprietario di Scoglitti che se l’è aggiudicata all’asta per una cifra irrisoria.
La vostra vita com’è cambiata da quel maggio maledetto? Cosa vi manca di più?
Ci manca solo il nostro papà, lui per noi era tutto. Eravamo tutti legati a lui, ci è crollato il mondo addosso, sopravviviamo ma non viviamo, senza di lui nulla ha più senso. Eravamo una famiglia unita che col sorriso andava avanti nonostante le difficoltà. Ci mancano i piccoli gesti, le piccole cose, il pranzo la domenica, la vigilia di Natale insieme. Ormai per noi non c’è più niente di tutto questo, sono solo dei ricordi. Papà era il pilastro di casa e senza di lui ci manca la serenità. Ci portiamo dentro un dolore che ci rimarrà a vita e l’indifferenza della gente (quando non addirittura la cattiveria di chi ci guarda male perché pensa che abbiamo ricevuto chissà quali aiuti economici) ci fa davvero male. La verità è che noi viviamo con quel poco che abbiamo e se riusciremo a riscattare un giorno questa casa sarà indubbiamente solo grazie all’aiuto dei nostri amici del nord Italia, gente di buon cuore che ha contribuito. La cosa che ci fa più male è quando veniamo considerati “un caso fra tanti”. A Vittoria non c’è una bella situazione con tutte queste case messe all’asta e si deve fare qualcosa per risolvere il problema. Il gesto di papà non deve rivelarsi inutile”.
Chi delle due era in casa la mattina della tragedia?
Entrambe ma eravamo al piano di sopra. Ricordiamo il fuoco, mentre scendevamo le scale abbiamo visto delle vampate e poi papà che sembrava una scheggia impazzita, correva avanti e indietro, cercava di liberarsi dalle fiamme perché sicuramente non voleva arrivare a tanto. Sono accorse tantissime persone, c’era chi chiamava i soccorsi, chi cercava di spegnere le fiamme e purtroppo anche chi guardava senza fare niente con gli occhiali da sole e le cartellette in mano”.
Martina ricorda anche come quei momenti concitati siano stati gli ultimi in cui ha visto suo padre. “E’ salito sull’ambulanza con le proprie gambe e poi l’ho visto portare via con mia mamma. Mia sorella Claudia li ha seguiti in auto e mentre andavano via mi gridavano di rimanere a casa perché sennò se la sarebbero presa…
In futuro cosa farete?
Martina: “Io studiavo giurisprudenza e appena avrò la serenità mentale vorrei riprendere, abbiamo preso atto della situazione che c’è a Vittoria e del fatto che nessuno ci aiuta quindi sicuramente prenderemo in considerazione l’eventualità di raggiungere nostro fratello definitivamente non appena avremo sistemato un po’ di cose e nostra madre starà meglio”.
Cosa vi ha insegnato o lasciato tutta questa storia?
Tanto dolore, neanche a dirlo…ci ha insegnato che non ci si deve mai fidare del prossimo, purtroppo. Mio papà da lassù ci sta dando la forza per andare avanti e combattere anche a nome suo per avere giustizia.
Da Ferrara, dove si è trasferito da anni, anche Antonio ci conferma come sia stata forte la solidarietà di tantissima gente comune con la quale è nato un rapporto di gratitudine, stima e amicizia. “Mio padre era una persona buona, generosa, umile, un lavoratore, uno che non riusciva a dire no, sempre disponibile verso il prossimo. Quel maledetto giorno – racconta – dovevo trovarmi a Vittoria ma a causa di un piccolo infortunio ad un occhio, qualche giorno prima, dovetti restare a Ferrara. Il destino, a volte, sembra pianificare nei minimi particolari gli eventi! Ricordo che quella mattina ho chiamato ripetutamente mia madre per avere notizie fino a quando mi ha risposto mia sorella in lacrime raccontandomi dell’accaduto ma rassicurandomi sullo stato di salute dei miei genitori per non farmi preoccupare. Mi sentivo impotente, mi trovavo a 1400 km di distanza e non potevo far niente né tantomeno conoscevo realmente la gravità dei danni fisici di mio padre e di mia madre. Dopo qualche minuto la notizia iniziò a fare il giro dei siti web, lessi che mio padre era stato trasferito in elisoccorso al Cannizzaro di Catania e che versava in condizioni gravissime. Lo rividi l’indomani nel reparto di rianimazione e quasi non credevo ai miei occhi. 7 giorni dopo ci lasciò. La più brutta chiamata della mia vita arrivò poco dopo le 3 di notte e il mio primo pensiero fu come dirlo alle mie sorelle che dormivano nella camera accanto. Mi vestii e iniziai a girare per casa. Poco dopo cominciarono ad arrivare i parenti… Mia mamma ha saputo della morte di nostro padre solo un mese dopo, nel giorno delle dimissioni dall’ospedale, in quanto anche lei versava in condizioni gravi e una notizia del genere avrebbe potuto pregiudicare il suo stato di salute”.
Probabilmente tra qualche tempo la tua famiglia ti raggiungerà a Ferrara. Pensi sia un bene allontanarsi dalla propria città di origine?
Questo avverrà non prima dell’esito delle indagini, per adesso sono io che faccio la spola tra Ferrara e Vittoria ma una cosa è certa: non abbasseremo mai la guardia, vogliamo che venga fatta chiarezza su tutta la vicenda! Vogliamo risposte e attendiamo fiduciosi l’esito del lavoro della magistratura. Allontanarsi da Vittoria penso sarà un bene per la mia famiglia che deve rifarsi una nuova vita, lasciandosi alle spalle i brutti ricordi. In Sicilia le mie sorelle da tanti anni cercano un’occupazione ma non la trovano e la città sembra essere in ginocchio sotto tutti i punti di vista.