Il “piccolo aeroporto” di Comiso sta rispondendo bene alle sollecitazioni. Nei giorni scorsi – complice la cenere lavica dell’Etna – ha accolto numerosi voli destinati a Catania Fontanarossa senza particolari problemi. Ha avuto ragione la caparbietà del presidente della Soaco, Rosario Dibennardo, che si sta battendo per rendere produttivo lo scalo comisano, non solo come alternativo a quello di Catania. Una considerazione, tuttavia, salta aglio occhi. Perché si devono aspettare le emergenze per verificare le potenzialità di un aeroporto nato per colmare la perifericità di un territorio ancora senza un metro di autostrada eppure così ricca di occasioni di sviluppo? Una su tutte, quella costituita dal turismo in un’area che ha tanto da offrire ma che, spesso, non riesce a sfruttare le sue bellezze per l’insipienza di amministratori locali che, per esempio, non riescono a sistemare la viabilità interna o a far funzionare i servizi minimi a favore dei forestieri. La scommessa di Comiso è appena all’inizio ed è lecito attendersi dei miglioramenti. Serve, però, la collaborazione di tutti. A cominciare dai Comuni (iblei e non) che devono capire al più presto quali possono essere i benefici di un aeroporto che funziona meglio di parecchi altri scali del Nord. Si deve, dunque, fare squadra tra enti locali e imprenditoria. Proprio quest’ultima potrebbe diventare la chiave di volta di una inversione di tendenza dell’intero territorio che, negli ultimi tempi – se si escludono alcune laute e non sempre facilmente giustificabili regalie regionali (altri milioni di euro per una legge destinata ad un solo quartiere ragusano) – sembra essere stato abbandonato o dimenticato dai suoi rappresentanti politici. I quali, nella migliore delle ipotesi, si limitano ad esprimere “soddisfazione” a cose fatte (magari non da loro) pur essendo, come succede spesso, beatamente in vacanza o in assoluto letargo istituzionale.