La scintillante Honda CB 500 Four comparve sul mercato nella primavera del 1971 e fu subito esportata in tutta Europa e negli U.S.A. dove ebbe molto successo: gli statunitensi, infatti, ne apprezzavano molto le copiose cromature che ricordavano loro le Harley-Davidson, ma a differenza di queste, le Honda CB 500 erano dotate di un’innata leggiadria ed eleganza, che alle motociclette di Milwaukee decisamente mancavano.
La nuova pluricilindrica nata della “famiglia Four” non voleva essere una copia in piccolo della veloce e potente sua sorella maggiore, la riuscitissima CB 750 Four, quanto invece una motocicletta completamente nuova, diversa dalla 750 tranne che per il numero dei cilindri.
Dotata di soluzioni tecniche sofisticate che le regalavano comfort, prestazioni elevate rispetto alla cilindrata, una guidabilità ottima e una buona frenata, la bella 500 Four era molto classica, curata fin nei minimi dettagli ed apprezzata per la sua linea compatta e fluida, che suscitava molto interesse soprattutto tra i giovani: ciò sicuramente bastava a compensare la differenza di prestazioni rispetto ai “maxi-mostri”, come venivano chiamate allora le moto veloci e potenti, due tempi e di pari cilindrata.
Tutta la moto era stata costruita attorno al motore, che all’epoca sembrava, insieme con quello della maggiore di casa Four, un’astronave per la sua forma nuova, per le copiose cromature ed inoltre perché era dotato di un’impostazione mai vista prima. Riuscivano a balzare immediatamente alla vista solo due organi di questo corpo così curato: l’ampio e comodo sellone e il parafango posteriore largo, cromato.. Queste erano le parti più solide, oltre al propulsore, presenti sulla 500: una delle prime motociclette sulle quali la ricca dotazione era completata da un comodo lucchetto a scatto della sella, che si apriva con la stessa chiave dell’avviamento; dagli indicatori di direzione rarissimi, all’epoca, sulle altre moto di media e piccola cilindrata e da un praticissimo cruscottino, sito tra i due cavallotti di sterzo, sul quale facevano bella mostra quattro grandi e visibilissime spie luminose e colorate: quella degli abbaglianti, dell’olio, del folle e delle luci.
Era capace di regalare al fortunato centauro gradevoli sorprese tra le quali, ad esempio, la forma e la posizione del manubrio che gli permettevano di guidare la motocicletta anche ad alte velocità e di mantenere una postura raccolta con il busto verso il serbatoio, quindi molto aderente alla motocicletta.
Copiosa si presentava all’acquirente la dotazione degli attrezzi, contenuta in una vaschetta sotto la comoda sella: era completa ed il libretto uso e manutenzione risultava molto esauriente ma scritto in lingua inglese. Dietro la fiancatina di sinistra si trovavano invece ben protetti gli organi dell’impianto elettrico. Nel 1971 la bella Honda costava 1.119.000 Lire, immatricolazione esclusa.
Godibile nell’uso quotidiano, si dimostrava agile nel traffico urbano, tanto che sembrava una 125 cc, a differenza della CB 750 che risultava invece un po’ pesante nelle manovre cittadine e quindi meno agile. Il telaio della sorella minore era l’artefice nascosto di tutto ciò; la sua guida si poteva assaporare però anche nell’uso prettamente turistico, infatti, questa motocicletta si presentava maneggevolissima, leggera, tanto da potersi definire soffice, proprio dove la morbidezza era data soprattutto dalla sella e dalla forcella. Fuori città, quindi, su strade veloci e libere, si poteva facilmente far entrare in coppia il motore a 7.500 giri, abbondando nell’uso della frizione. Viaggiare in quinta a 9.000 giri significava superare i 180 km/h e questo per una 500 cc pesante poco più di 200 kg era un gran bel risultato. Riusciva ad affrontare i curvoni a oltre 150 all’ora senza che si presentassero ondeggiamenti, che obbligassero il centauro a tenere il busto più rialzato e dritto.
L’unico appunto degno negativamente di rilievo erano i consumi, infatti, l’elegante 500 dagli occhi a mandorla copriva una media di 13-14 km con un litro di benzina; diventava una più modesta, ma validissima alternativa alla più costosa, impegnativa e famosa Honda CB 750. Risultava leggera, bassa e maneggevole, tanto da poter essere cavalcata da motociclisti di statura media, quindi “domata” anche da una bella centaura, che riuscisse a puntare bene i piedi a terra; tale possibilità era estesa a pochissimi modelli di medio-alta cilindrata.
Alla prima serie era associata la sigla K1 e questa, negli anni successivi a quello della sua presentazione al pubblico, era rimasta tendenzialmente immutata: le uniche note di rilievo delle successive serie K2 e K3 si limitavano a modesti aggiornamenti principalmente estetici, come ad esempio: la forma degli strumenti, delle marmitte di scarico, degli indicatori di direzione. L’ultima della fortunata serie era la CB 500 Four K, che avrebbe avuto cronologicamente la sigla K6, se la K4 e K5 fossero state però importate anche in Italia. La K fu la serie che assommava in sé più cambiamenti rispetto alle precedenti: le colorazioni, oltre al serbatoio, alla sella, agli strumenti, agli indicatori di direzione: anche la foggia e la dimensione delle marmitte erano mutati.
Ancora nuovi aggiornamenti condurranno ai modelli CB 550 Four e CB 650, che non riusciranno a mantenere lo stesso fascino delle precedenti e celeberrime “vere” Four e neanche a sopportare il confronto con le concorrenti di pari cilindrata. Purtroppo, ma è doveroso dirlo, con le K1, K2 e K3 si chiuse una vera e propria era, quella splendente delle prime e sempreverdi quadricilindriche Honda.
Il modello è caduto nel dimenticatoio negli anni 90 e 2000. Solo nell’ultimo decennio ha subito una decisa rivalutazione grazie anche alla sua comparsa in serie televisive di successo come “Romanzo Criminal”. Oggi la sua valutazione è notevolmente cresciuta e tende sempre di più ad aumentare. Per un bell’esemplare completo e conservato preparatevi non meno di 4 mila euro.