Il dramma per l’ennesima perdita di posti di lavoro in Sicilia si è palesato con la provocazione forte delle mogli incinte dei dipendenti catanesi della Micron Technology che da aprile saranno licenziati sulla scorta di un piano di ridimensionamento mondiale avviato dall’azienda americana leader nella produzione di memorie che, per diversi anni – nel catanese – ha contribuito a rimpolpare il sogno della Etna Valley. Pronte ad abortire per il lavoro che non c’è; così disperate perché consce del fatto di non poter dare una vita dignitosa ai figli che portano ancora in grembo.
Le donne hanno manifestato per giorni fianco a fianco dei mariti contro gli esuberi (128 in tutto nel solo stabilimento di Catania) consapevoli del fatto che non sia al momento contemplato alcun piano B di taglio degli stipendi o aumento di produttività come nel caso di Electrolux: andranno, i lavoratori, tutti in mobilità senza il ricorso alla cassa integrazione e con buona pace di una Etna Valley che non c’è più. Il caso Micron non è il solo purtroppo a esplodere sullo sfondo della distrazione della politica locale.
Complessivamente resta l’amaro in bocca per la definitiva fine della possibilità di rilancio del meridione d’Italia grazie ai finanziamenti pubblici. Certo. Perché oggi si parla di ristrutturare, limitare i costi e licenziare nonostante i 150 milioni di euro che lo stato italiano avrebbe sborsato per creare – nel tempo – 1500 posti di lavoro. Catania – nello specifico – avrebbe ricevuto facilitazioni per la produzione di memorie informatiche. Oggi la parabola è discendente e sembra assumere la stessa curva – nei modi e nei precedenti – della fabbrica termitana di auto. L’impressione è sempre la stessa: quella cioè del limone strizzato e poi gettato via.
Nel tempo serviva piuttosto una politica industriale seria, consapevole e con business plan precisi. Bisognava creare reali condizioni di sviluppo sostenute dalle infrastrutture, dalla mobilità e dal taglio ai costi energetici. In realtà le cose sono andate diversamente: in Sicilia si è preferito dare contributi a pioggia, mentre i finanziamenti europei sono stati insufficientemente impiegati e, contemporaneamente, ingenti risorse sono state trasferite a favore delle regioni del Nord, più lungimiranti. A fronte del disimpegno delle imprese che hanno goduto di finanziamenti pubblici, allora bisognerebbe procedere come si fa in altri Paesi: inchiodarle a vincoli di responsabilità sociale nel territorio in cui operano.
Tornando al caso dei dipendenti Micron, le mogli si sono rivolte a Francesco; al Papa che digita sulla tastiera del Mac, che risponde alle lettere e che telefona hanno riposto l’ultima speranza prima del gesto estremo.
Hanno preso carta e penna e hanno raccontato la loro storia a Bergoglio; “la storia – si legge testualmente – di famiglie messe da una multinazionale americana sul ciglio di un burrone”.