Venerdì 10 gennaio è morto Mons. Salvatore Nicolosi, uno degli ultimi Padri conciliari viventi, per ventotto anni vescovo di Noto dopo sette anni a Lipari, di Lui certamente si può dire: “Un vescovo fatto Chiesa, Chiesa secondo il Concilio Vaticano II” per il modo con cui ha fatto il vescovo. Faceva crescere senza mai far emergere se stesso. In uno dei suoi ultimi discorsi ci ricordava: “è la sostanza del Vangelo che dobbiamo riscoprire nella sua integrità e nella sua freschezza sorgiva”.
Chi fosse Mons. Nicolosi lo si è visto alla fine dei funerali, quando la gente commossa si è avvicinata alla bara e sembrava non volesse lasciare la cattedrale. «Ha voluto una Chiesa dal volto familiare» – aveva detto il card. Paolo Romeo all’omelia. E nelle centinaia di saluti sul libro posto davanti alla bara l’espressione più ricorrente era “Per me sei stato un Padre”. Ma anche tante altre di gratitudine: “Grazie perché ti sei interessato direttamente di mio papà, per poter trovare un posto adatto alla sua malattia”, “Grazie perché, malgrado le tue preoccupazioni di vescovo, mostravi sempre affabilità e attenzione ad ognuno”, “Grazie perché quando tutti parlavano male della nostra esperienza, tu hai bussato alla porta e ci hai detto: sono venuto per condividere quello che devo fare con i poveri e per i poveri”, “Grazie per aver accolto i miei dubbi”, “Grazie perché hai fatto emergere tanti doni in questa Chiesa senza mai metterti in evidenza”, “Grazie perché ci hai sposato e sempre ti sei interessato di noi, dei nostri figli”.
E quando alla tumulazione, tra tanta gente che si accalcava quasi per stringersi per l’ultima volta attorno alle spoglie mortali di chi è stato per ventotto anni il proprio Pastore, si leggevano le date della sua vita e dei suoi servizi, non si poteva fare a meno di ricordare che la dedizione è stata totale, intelligente, generosa. E non si poteva non ricordare anche quanto fatto per la Chiesa di Noto: dall’attenta Visita pastorale al gemellaggio con Butembo-Beni, dall’aggiornamento continuo alla celebrazione del Sinodo diocesano. La celebrazione era iniziata con la processione dei Vescovi di Sicilia e di tantissimi preti e diaconi della diocesi dalla basilica del Seminario alla Cattedrale, gremita di fedeli, con una significativa presenza di rappresentati delle istituzioni.
Il saluto iniziale è stato dato dall’attuale Vescovo di Noto Mons. Antonio Staglianò, che ha ricordato come Mons. Nicolosi, Padre Conciliare, il Concilio l’ha attuato forgiando e quasi “rifondando” la Chiesa netina e come l’abbia aiutato ad essere, non Chiesa “ingessata”, ma Chiesa sinodale, Chiesa che cammina insieme, Chiesa che cammina cordialmente con gli uomini. «Ora, di questa Chiesa ne diventa – ha detto ancora l’attuale vescovo di Noto – l’angelo custode».
Dopo la proclamazione delle letture (San Paolo sulla vita come una buona battaglia, il Vangelo del Buon Pastore) il Card. Romeo, presidente della Conferenza episcopale siciliana, ha sottolineato come era il momento di celebrare la pienezza di vita per Mons. Nicolosi, sul piano della fede come pure della gratitudine ad un pastore che con tanta sapienza ha guidato la sua Chiesa (e non va dimenticato che Mons. Nicolosi è stato anche lungamente vicepresidente della Conferenza episcopale siciliana negli anni in cui il Concilio veniva attuato spingendo ad una pastorale missionaria sintetizzata nel motto “Una presenza per servire”).
Dopo la comunione è stato letto il testamento spirituale di Mons. Nicolosi con parole di affidamento alla misericordia di Dio e commoventi richieste di perdono, soprattutto ai preti se non si erano sentiti ascoltati o se non avevano trovato nel vescovo un esempio: parole che si possono dire solo da parte di un uomo autentico. Ed è questo che tanti, uscendo dalla cattedrale, continuavano a dire: «è stato uomo vero!» Ultimo particolare: in tutta la celebrazione continuamente risuonava la necessità di un amore particolare per gli ultimi, che si concretizza anche nelle ultime volontà di Mons. Nicolosi di istituire una “sua” Fondazione – intitolata a Madre Teresa di Calcutta – per i malati terminali, gli anziani (soprattutto se soli e non autosufficienti), i diversamente abili.
Anche le nuovissime generazioni ascoltavano commosse le parole di quest’anziano vescovo scomparso la mattina del 10 gennaio alle ore 6,00 che venivano lette all’inizio della veglia di preghiera tenuta in cattedrale la sera dell’11 gennaio e che ne costituiscono ora il “testamento”: “La Chiesa non è opera di singoli, fossero pure grandi santi. La Chiesa è comunione, e quindi cammino comune, “sinodo”, nella sua stessa essenza. Ogni gesto ecclesiale deve quindi nascere nel rispetto e nell’ascolto fraterno, nel confronto sincero e leale, nell’attenzione e nel servizio ai più piccoli, nella magnanimità verso i limiti e le necessità dei più deboli”.