Così Bonajuto ha fatto la storia. Arriva il volume sulla cioccolateria più antica di Sicilia

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Che non sia l’ennesimo libro sulla storia del Cioccolato, né su quella di Modica o della Sicilia “dolce”, committenti a autori hanno tenuto a precisarlo più di una volta nel corso della serata di presentazione, ieri a Palazzo Grimaldi.
Ma il volume sulla Dolceria Bonajuto come storia della cioccolateria più antica di Sicilia, voluto dalla famiglia e messo in piedi grazie alla faticosa ricerca storica di Giovanni Criscione, finisce – oltre le intenzioni – per essere proprio questo: un contributo finora inedito e da oggi indispensabile alla scrittura della vera storia della città della Contea in relazione al prodotto che la rende famosa nel mondo, ovvero il cioccolato artigianale.  

Per comprenderlo forse basterebbe gustarsi le ultime pagine di questo saggio che ben sta, anche per l’eccellente qualità del progetto editoriale, tra i volumi d’arte di Kalos.
Basterebbe scorrere il dito fino a leggere: “...Da tutte le dominazioni i siciliani, che si credevano migliori di tutti, prendevano il meglio e lo facevano diventare loro. Così aveva fatto Modica, che con arroganza conservava il meraviglioso barocco e l’antica cioccolata. Anzi, sicuramente la ‘ jota’ del nome Bonajuto stava a indicare proprio questo. Arroganza nella ‘jota’ e nel cioccolato alla cannella, aggiungo io. Perché a nessuno può venir in mente di conservare in modo così splendido, caro economicamente e antico, un sapore che arriva da lontano, e continuare a produrlo anche in epoca di fast food, dove circolano solo palati contraffatti da gusti alla plastica”. Sono parole di Marcella Smocovich, giornalista del Messaggero, esperta in America Latina, che per 15 anni è stata l’assistente personale di Leonardo Sciascia: e per questo volume di Bonajuto ha messo per la prima volta per iscritto il racconto dello scrittore che “per gli amici, i direttori di giornali e gli intellettuali era uno spacciatore di cioccolata di Modica”.
Un regalo, quello della Smocovich, che implicitamente equivale a una scoperta, a una nuova certezza: quando Leonardo Sciascia descriveva quel cioccolato “di inarrivabile sapore, sicché a chi lo gusta sembra di essere arrivato all’archetipo, all’assoluto”, si riferiva proprio al cioccolato Bonajuto.

Forse basterebbe questo, si diceva, ma in realtà non basta. Perché anche questo racconto destinato a rientrare tra le leggende magiche di cui è intriso il “tempio” del cioccolato modicano, appartiene alla sfera della memoria emozionale più che a quella della ricerca storica. E il più grande valore di questo volume sta invece nel rigore della scientificità.
Tutta la nostra attività recente – ha confermato Pierpaolo Ruta, che insieme al padre Franco ha commissionato la ricerca – è fatta di domande. Anche noi siamo cresciuti tra i ricordi e i racconti, ma con poche certezze. E’ proprio il fatto di non averne, tuttavia, il presupposto principale per iniziare la ricerca: e in una città che troppo spesso si è abituata a trovare già scritte le proprie certezze, credo sia stato utile dimostrare che quest’abitudine può finire per nascondere importanti pezzi di verità. Questa nostra ricerca, nata come ricerca personale e privata, diventa oggi una pubblicazione che intendiamo come omaggio alla città e null’altro”.
Negli archivi della famiglia Bonajuto-Ruta le carte, i documenti, gli oggetti, gli arnesi da lavoro, le fotografie, sono stati da sempre raccolti e conservati con devozione. Ma l’occasione per far partire la ricerca vera e propria è venuta nel 2010, quando l’azienda ha partecipato al Bando di Unioncamere per l’istituzione del Registro nazionale delle Imprese storiche ed è stato necessario presentare un’articolata documentazione. Alla fine la Dolceria Bonajuto è stata iscritta tra le uniche sette imprese storiche della Sicilia e le uniche due della Provincia di Ragusa (l’altra è la Banca Agricola), a testimonianza inconfutabile del suo primato storico tra le dolcerie – e, in particolare, le cioccolaterie -siciliane.

“La conferma che già nel 1854 i Bonajuto lavoravano come cioccolattieri – ha spiegato l’autore del volume, lo storico Giovanni Criscioneci deriva dal ritrovamento del testamento di Francesco Ignazio Bonajuto, che in quell’anno lasciò ai suoi eredi, tra le altre cose, un ‘fattoio del cioccolatte’, cioè il frantoio con cui si frantumavano le fave di cacao per ottenere la pasta amara. Due anni dopo il figlio Federico, che assunse la direzione dell’attività di famiglia, nel proprio atto di matrimonio dichiarò di lavorare come ‘cioccolatiere’: avendo cominciato da giovanissimo l’apprendistato nella bottega del padre, è legittimo presupporre che l’attività legata al cioccolato risalga dunque addirittura ai decenni precedenti”.
La ricerca di Criscione, ruotando intorno a questo nucleo centrale, si spinge indietro fino alla seconda metà del ‘700 e in avanti fino all’attività contemporanea della Dolceria Bonajuto, in mano ai Ruta, con un ampio quadro dedicato alla figura – anch’essa a suo modo leggendaria – di Francesco Bonajuto.

Questo libro – ha aggiunto ieri il professor Giuseppe Barone, che ne ha curato la prefazione – è una straordinaria biografia collettiva, a partire da quella di una piccola ma importantissima dinastia. E, al di là delle notizie che contiene, ci aiuta a sperare guardando al tempo presente. Essa dimostra infatti che in una crisi terribile come quella attuale, la ricetta vincente sta in storie come questa, che è un esempio fulgido di capitalismo di territorio: un’impresa che ha una base straordinaria di qualità e lavoro artigianale, ma nel connubio tra tradizione e innovazione riesce a sfidare la concorrenza internazionale e ad affermarsi nello scenario globale. Non bisogna dimenticare, come questo libro dimostra, che la tradizione del cioccolato a Modica è legata direttamente alla storia della Dolceria Bonajuto, nell’esempio della quale sono successivamente nate le altre imprese che operano in questo campo”.