Un uso distorto dei social network legato ad un clima politico tossico porta una singolare denuncia in consiglio comunale venerdì sera. “Caro Presidente non posso accettare che chi si nasconde dietro uno pseudonimo mi dia del mafioso. Non posso accettare che consiglieri comunali che siedono tra questi banchi avallino tale diffamazione di un certo “Strega Comandacolori” che si diverte a digitare su Facebook e a sparare a zero verso chi non digerisce. E’ assurdo che in un’aula istituzionale che ha visto alternarsi esponenti illustri della politica ragusana, io oggi debba porre all’attenzione dell’assise tutta una vicenda che a prima valutazione potrebbe apparire goliardica e sterile, almeno di contenuti. Ma oggi i social network sono strumenti anche di lavoro e di confronto, ragion per cui ciò che vi viene scritto ha motivo di essere considerato al pari di una mail o di una comunicazione. E se c’è stato qualcuno che ha dovuto ricorrere ad epiteti o ingiurie piuttosto oltraggiosi, ritengo allo stesso modo colpevole chi le ha avallate digitando un Like, azione spesso banale ma che in questo caso porta in una direzione di non ritorno, almeno per il sottoscritto”. Questo il sunto dell’intervento di un amareggiato Giorgio Mirabella, Idee per Ragusa, in aula consiliare a Palazzo dell’Aquila. “Tali affermazioni – ha concluso Mirabella – rientrano nella possibilità di querela, strumento a cui ricorrerò nel caso in cui dopo questa pubblica denuncia cali il silenzio o peggio vengano reiterati simili atteggiamenti”. Il consigliere ha poi consegnato alla presidenza del consiglio, con richiesta di archiviazione, copie del commento, a quanto pare cliccato da esponenti vicini al movimento Cinque stelle su Facebook in cui Mirabella viene descritto come un grande luminare della politica ragusana che con fare mafioso, italiano sgradevole, accento malsano, cantilena inutile da le dritte in consiglio. Un atto disapprovato dall’intero massimo consesso cittadino, a partire dall’assessore Martorana a nome dell’amministrazione. “Al di là di chi fra i consiglieri comunali si è associato a questo gesto, compiendo a mio parere un grave errore, – ha replicato il presidente del Consiglio Giovanni Iacono – mi sento in dovere di spendere qualche parola sulla questione in generale. Mi spiace dire queste cose davanti al Movimento cinque stelle che proprio sul web ha puntato molto, ma la democrazia a mio parere è tutt’altra cosa. In primo luogo assumersi la responsabilità delle proprie idee mettendoci la faccia e non nascondendosi dietro false identità o nickname. Ciò avviene sia sui social network, ma anche su alcuni giornali online che danno spazio a commenti scientificamente organizzati da soggetti che tentano in questo modo di ledere l’onorabilità delle persone. E’ come se ormai l’articolo non esistesse più, passa all’ultimo piano. Una barbarie, una inciviltà che con la democrazia non ha nulla a che fare. Doveroso che si inizi a provvedere ad un limite. La democrazia nasce dalla pluralità delle idee nel rispetto di tutti per cui – conclude – dare del mafioso a qualcuno dovrebbe gettare vergogna sia su chi scrive il post che su chi lo apprezza. Ricordo a quest’aula che chi è consigliere comunale ha il dovere di rappresentare la città”. Per i Cinque stelle è intervenuto il consigliere Dipasquale (“Mi dissocio dal gesto subito dal consigliere Mirabella ma chiedo comunque di non farci peso. Sui social tutti riceviamo messaggi sgradevoli, io non sto ora a raccontare quello che personalmente mi è capitato”) ed il consigliere Agosta (“A nome dei colleghi Cinque stelle massima solidarietà. Nessuno farà mancare rispetto a quest’aula e prendiamo le distanze da qualche nostro militante, così come è stato definito, tuttavia – sottolinea – anche contro di noi sono stati scritti commenti infanganti”). “Gli attacchi che si subiscono attraverso questi strumenti – conclude Carmelo Ialacqua di Movimento città – sono particolarmente indegni perché provengono spesso da profili anonimi. A ciò intendo associare la scelta di alcune pseudo testate giornalistiche presenti online che si avvalgono fondamentalmente della raccolta di lettori interessati non tanto agli articoli in sé, spesso comunicati stampa camuffati da articoli e firmati con la sigla redazione, ma si alimentano dall’uso che è stata dato al più becero, basso e volgare anonimato che ultimamente imperversa su argomenti politici. In questi casi, come in quello denunciato dal collega Mirabella, credo sia doveroso ricorrere alla polizia postale e richiedere l’IP dei mittenti”.