Ha impugnato una mazza di ferro, ha spaccato la porta della camera da letto all’interno della quale la povera moglie aveva cercato riparo e, una volta entrato, ha distrutto i mobili e si è fatto strada
fino a lei minacciandola di morte. Possiamo solo immaginare il terrore negli occhi della povera donna, i pensieri che le avranno affollato la mente in quei minuti giunti al termine di una lunga serie di minacce e soprusi, violenze e maltrattamenti che negli anni l’hanno costretta a modificare le proprie abitudini di vita e a cambiare lei stessa fino a vivere in uno stato di totale assoggettamento a quel marito al quale anni prima aveva promesso amore eterno. Lui, un 57enne di Ispica, è solo l’ultimo uomo violento in ordine di tempo ad essere statoammanettato dai carabinieri e questa è solo una delle tante storie di violenza domestica che riguardano la nostra provincia e che sono venute a galla.
Era il 17 dicembre 1999 quando, tramite la risoluzione numero 54/134, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite designava il 25 novembre come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne invitando i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica in questo giorno speciale.
Il 25 novembre, oggi.
Ma cos’è la violenza domestica e come la possiamo riconoscere? Essa può avere mille volti e sfociare in mille tragedie diverse, alcune palesi e drammatiche come gli stupri, la violenza fisica (schiaffi, calci e pugni) o il femminicidio; altre più sottili e subdole come quella psicologica (insulti, minacce, intimidazioni, umiliazioni, stalking, pedinamenti) quella economica (sottrazione dello stipendio, controllo o esclusione della donna dalla gestione del bilancio familiare) e quella psicologica sui figli che assistono al maltrattamento.
La provincia di Ragusa non è esente da questo terribile“fenomeno” e il versante ipparino sembra essere quello maggiormente interessato o, semplicemente, quello in cui si denuncia di più e quindi, di conseguenza, quello che più spesso finisce sulle prime pagine dei giornali nella sezione “cronaca”.
I casi denunciati presso i Comandi Carabinieri dipendenti dallaCompagnia di Vittoria sono 20 solo dall’inizio del 2013 e sono così suddivisi: 11 nel Comune di Vittoria; 3 nel Comune di Comiso; 3 nel Comune di Chiaramonte Gulfi e 3 in quello di Acate.
Da queste 20 denunce (sporte da altrettante donne nei confronti di mariti, fidanzati e conviventi ma, in un caso, persino del figlio) sono scaturiti 10 arresti, di cui 8 in flagranza di reato e 2 a seguito di ordinanza di custodia cautelare emessa da Tribunale di Ragusa. Di questi 10 arresti ben 8 hanno riguardato Vittoria (di cui 3 Scoglitti), 1 Acate e 1 Comiso.
10 arresti, dunque, solo da parte dei Carabinieri e solo quest’anno. 6 volte gli autori del reato sono stati rinchiusi nel carcere di Ragusa mentre gli altri 4 sono stati sottoposti agli arresti domiciliari nelle proprie abitazioni e sono state quindi, paradossalmente, le vittime a dover andare via trovando una provvisoria sistemazione presso i parenti oppure in case di accoglienza tramite l’attivazione dei Centri Antiviolenza.
Donne aggredite, donne umiliate, donne maltrattate, donne ferite. Come la settimana scorsa, ancora a Vittoria, dove una55enne è stata assalita dal convivente, un operaio di 58 anni, separato e pregiudicato, davanti alla figlioletta di 7 anni ed èfinita in ospedale con la rottura delle ossa nasali causate dal lancio dell’accessorio di un aspirapolvere.
Dei 20 casi trattati dai carabinieri della compagnia di Vittoria in sole tre circostanze è stato disposto il “Divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa”.
E il lavoro della Polizia di Stato di Vittoria, a partire dal 2010,non è stato di certo da meno.
2 sono state le persone arrestate per maltrattamenti in famiglia, 3 nel 2011, 2 nel 2012 e 3 quest’anno.
Venendo all’art. 612 bis, relativo allo stalking, 4 arresti sono stati operati nel 2012 e uno quest’anno con, in più, un divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima.
In aumento i casi di violenza sessuale (609 bis). I numeri parlano, infatti, di un arresto nel 2010, di uno nel 2011, di 3 nel 2012 e di 3 quest’anno.
E questi sono solo, come detto, gli arresti. I numeri relativi alle denunce e alle querele sono molto più corposi.
19 sono state le persone denunciate nel 2010 dalla polizia di Vittoria per violazione degli obblighi di assistenza familiare, 15 nel 2011, 15 nel 2012 e 19 nel 2013.
14, invece, le denunce raccolte per maltrattamenti in famiglia nel 2010, 13 nel 2011, 1 nel 2012 e 2 nel 2013.
In lenta e drammatica ascesa i numeri relativi allo stalking. Dalle 5 persone denunciate nel 2010 si è passati alle 7 del 2011, alle 8 del 2012 e alle 12 di quest’anno.
Tornando alla violenza sessuale, infine, sono state registrate una denuncia nel 2010, tre nel 2011, una nel 2012 e due nel 2013.
Fin qui i dati ufficiali, dietro i quali, nella maggior parte dei casi,si nascondono storie, nomi, volti, persone con le loro sofferenze e le loro paure che hanno deciso di farsi coraggio e chiedere aiuto. Per ogni donna che l’ha fatto, però, ce ne sono tante che anche in questo preciso istante, mentre io sto scrivendo e mentre voi state leggendo, stanno soffrendo in silenzio da chissà quanto tempo.
Le forze dell’ordine sono concordi, infatti, nell’affermare che mai si denuncia dopo il primo episodio di violenza perché, si sa, le donne in amore siamo sempre un po’ così…diciamo anche stupide! Ci illudiamo che sia stato solo un momento di rabbia o di mancanza di lucidità e che non ricapiterà più. Ma a spezzare la nostra favola arriva la legge dei numeri che ci dice che quasi sempre dopo un primo episodio ce ne sarà un secondo, un terzo, un quarto…
Polizia e carabinieri da soli non bastano a contrastare il problema perché le donne hanno bisogno, prima di tutto, di essere incoraggiate e aiutate da qualcuno che le sappiaassistere e tutelare. E qui entrano in gioco le associazioni e i centri ascolto presenti sul territorio verso cui le forze dell’ordine indirizzano i soggetti che, nonostante la violenza accertata, non sanno bene cosa fare e come muoversi.
Tra queste l’associazione Donne a Sud di Vittoria che ha da poco inaugurato il suo centro ascolto nella sede di via La Marmora 176.
Avv. Caudullo tanti anni di impegno al servizio delle donne. Cosa le ha insegnato questa esperienza?
Sono circa 20 anni che mi occupo di violenza di genere e di pari opportunità e mi rendo conto che nemmeno le giovani generazioni sanno cosa sia veramente l’emancipazione e, di conseguenza, non comprendono il vero peso dell’espressione “pari opportunità”. In tutti questi anni ho imparato che se si crede in qualcosa bisogna continuare a lavorare per il proprio ideale senza aspettarsi nulla. L’iter per fare uscire una donna dalla spirale della violenza è lungo e difficile e ci vuole una grande competenza nel trattare questi argomenti con la delicatezza ma la determinazione che meritano.
Come, concretamente, Donne a Sud aiuta le vittime della violenza di genere e quali le iniziative che a breve verranno attuate?
Aiutiamo le vittime come possiamo, offrendo sostegno psicologico e legale gratuitamente e nella massima segretezza con volontari specializzati e accompagnandole nel loro percorso da quando sporgono querela fino al processo. Laddove, inoltre, ci sia un imminente pericolo di vita ci adoperiamo per rifugiarle in case ad indirizzo segreto. Le iniziative in itinere sono tante, dal corso di aggiornamento professionale indirizzato ai medici del pronto soccorso dell’ospedale di Vittoria ai percorsi educativi nelle scuole della provincia e anche fuori (il 27, ad esempio, saremo a Maniace).Nel caso fosse necessario siamo pronte ad intervenire anche di notte o nei festivi perché non abbiamo creato Donne a Sud per fare salotto!
Chi è l’uomo violento? Come riconoscerlo e come evitarlo?
Apparentemente è un uomo normale, magari è un professionista, gentile ed educato. Togliamoci dalla testa che il violento è sempre un drogato, un alcolista o un delinquente. Lo si riconosce solo quando comincia a gettare la maschera, magari limitando la libertà personale della vittima o dando uno schiaffo. Attenzione, donne! Anche se vi chiede scusa quellopuò essere un campanello d’allarme!
La storia più difficile che, sia come avvocato che come attivista, le è capitato di dover seguire?
Le storie sono tutte difficili, soprattutto quando ci sono di mezzo i figli, e si complicano quando il marito manipola i bambini o li usa per colpire la moglie. Tutto si intrica ulteriormente, poi,quando la donna, dopo aver parlato con noi, decide comunque di non sporgere querela. Noi, ovviamente, possiamo solo ascoltare e consigliare e non costringiamo nessuno ma, per esperienza, sappiamo che dal silenzio non nasce mai nulla di buono.