A dieci anni esatti di distanza, i Carabinieri del Comando Provinciale di Ragusa e dei reparti della sede hanno ricordato tutti i militari e civili martiri di Nassiria, orrendamente assassinati nella città Irachena la mattina del 12 novembre 2003.
Con la Legge 12 novembre 2009 n. 162, promulgata dal Presidente Giorgio Napolitano, è stata ufficialmente istituita la «Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace», un giorno per ricordare dal lontano 1900 con i primi diciotto caduti appartenenti al Corpo di spedizione italiano in Cina, prima vera missione internazionale di pace italiana, e fino ai giorni nostri, con l’ultima vittima in Afghanistan l’estate 2013 il Capitano dei bersaglieri Giuseppe La Rosa, tutte quelle persone che hanno dato la vita nell’adempimento del dovere per portare stabilità e pace nei più remoti teatri di crisi della terra, dal Libano a Timor Est, dai Balcani all’Afghanistan e fino al Congo, passando dalla Somalia e dall’Iraq.
E proprio in questo paese, dopo decenni di dittatura di Saddam Hussein, nel 2003, alle ore 10.40 locali (08.40 in Italia) del 12 novembre, un camion cisterna pieno di esplosivo deflagrò davanti la base MSU (Multinational Specialized Unit) italiana dei Carabinieri, provocando la morte di diverse persone tra Carabinieri, militari e civili. Il camion, solo grazie al fuoco aperto da una delle vittime, non esplose all’interno della caserma ma sul cancello d’entrata, evitando così una strage di più ampie proporzioni. I primi soccorsi furono prestati dai Carabinieri stessi, dalla nuova polizia irachena e dai civili del luogo. Nell’esplosione rimase coinvolta anche una troupe cinematografica che si trovava sul luogo per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a Nassiria da parte dei soldati italiani, nonché i militari dell’esercito italiano di scorta alla troupe che si erano fermati lì per una sosta logistica.
Il Comando dell’Italian Joint Task Force (IJTF) si trovava a 7 chilometri da Nassiriya, in una base denominata “White Horse”, distante circa 4 chilometri dal Comando USA di Tallil. Il Reggimento MSU-IRAQ, composto da personale dei Carabinieri Italiani e dalla Polizia Militare Romena (a cui poi si aggiungeranno, a fine novembre 2003 120 uomini della Guardia Nazionale Portoghese), era diviso su due postazioni: la base “Maestrale” e la “Libeccio”, entrambe poste al centro dell’abitato di Nassiria. Era infatti intendimento dei Carabinieri posizionarsi nell’abitato per un maggior contatto con la popolazione. Presso la base “Maestrale”, che durante il regime di Saddam era sede della Camera di Commercio, era acquartierata l’Unità di Manovra. L’altra sede, “Libeccio”, distante poche centinaia di metri dalla prima, venne danneggiata anch’essa dall’esplosione. Due mesi dopo l’attentato, il Reggimento Carabinieri lasciò definitivamente anche la Base “Libeccio”, trasferendosi alla base di “Camp Mittica” nell’ex aeroporto di Tallil, a 7 km da Nassiria.
Morirono nell’attentato dodici carabinieri: i Marescialli Enzo Fregosi, Giovanni Cavallaro, Alfonso Trincone, Filippo Merlino, Massimiliano Bruno, Alfio Ragazzi, Daniele Ghione, i Vice Brigadieri Giuseppe Coletta e Ivan Ghitti, l’Appuntato Domenico Intravaia, i carabinieri scelti Andrea Filippa e Horacio Majorana; cinque militari dell’Esercito italiano: il Tenente Massimo Ficuciello, il Maresciallo Silvio Olla, i Caporali Emanuele Ferraro, Alessandro Carrisi e Pietro Petrucci; due civili italiani: Marco Beci (cooperatore internazionale), Stefano Rolla (regista cinematografico).
Alle dieci del mattino odierne, presso la Caserma Podgora di Ragusa, sede del Comando Provinciale Carabinieri di Ragusa e sita proprio in piazza caduti di Nassiria, presenti i militari dell’Arma, loro familiari, rappresentanti delle pubbliche amministrazioni, autorità militari e civili della provincia iblea, il Comandante Provinciale dei Carabinieri deporrà una corona presso la stele posta a ricordo delle vittime della strage terroristica di Nassiria, un piccolo gesto che però vuole avere un alto valore simbolico nel rappresentare la vicinanza e l’unità d’ideali con quei commilitoni che abbiamo perso e che non vogliamo dimenticare, mai.