Gli immigrati soffrono la crisi in modo più accentuato rispetto alla popolazione locale, che pure vive momenti drammatici. La provincia iblea penultima (peggio di lei solo Foggia) nell’undicesimo Rapporto del Consiglio nazionale Economia e Lavoro per quanto riguarda l’integrazione dei migranti. Il Rapporto “si propone di misurare sia il grado di attrattività che province, regioni e grandi aree nazionali esercitano sulla popolazione straniera presente in Italia, sia il potenziale di integrazione proprio di ciascuno di questi contesti territoriali (intendendo, per potenziale di integrazione, un insieme significativo di fattori oggettivi – che in questo caso riguardano l’inserimento sociale o occupazionale degli immigrati – in grado di condizionare, in positivo o in negativo, l’avvio e lo svolgimento dei processi di integrazione all’interno di ogni contesto locale)”.
Per “misurare” questo indice, sono stati selezionati 18 indicatori statistici. In cima all’elenco ci sono Regioni come il Piemonte e l’Emilia Romagna, dove vengono individuate le migliori condizioni per una buona integrazioni dei cittadini stranieri. La prima provincia italiana è Macerata. Due gli indici che portano poi al risultato complessivo delle province: l’inserimento occupazionale e quello sociale. Ed in entrambi i casi, la provincia di Ragusa ha indici molto bassi. Soprattutto per l’aspetto lavorativo, 36,2 (ai minimi dopo quello di Foggia). Il dato che riguarda l’inserimento sociale è leggermente più alto, 47,2, ma è sempre tra i più bassi d’Italia.
Ci sono alcuni indici che dimostrano come l’immigrato sia favorito nell’integrarsi. Uno di questi è quello relativo ad esempio al costo degli affitti. Ragusa è ottava su 103 province: il costo medio di un affitto è di 41 euro a metro quadrato pro capite per straniero maggiorenne. Ultima è Roma, con 236 euro. Non va male nemmeno la voce che riguarda l’istruzione, la provincia di Ragusa è 32esima. Cinquecentodieci stranieri sono iscritti alla scuola superiore, e di questi 126 vanno al liceo. Ma la vera difficoltà appare legata alla stabilità, dovuta alle questioni lavorative. Proprio sulla stabilità la provincia iblea si attesta all’88esimo posto: su 11.459 soggiornanti sono solo 4.516 i permessi di soggiorno di durata illimitata. Non va meglio per le naturalizzazioni, appena 31 in un anno. Centunesimo posto per l’inserimento occupazionale: se da un lato è buono l’indice sulla capacità di assorbimento del mercato, dall’altro è disastroso quello della tenuta occupazionale. Ultimo posto per quanto riguarda la continuità del permesso di lavoro, mentre per quanto riguarda il lavoro in proprio da parte degli stranieri, Ragusa è al 72esimo posto, con 844 titolari d’impresa stranieri (ma il dato riportato è del 2010).
Il punto di vista della Caritas
“Da una prima lettura dei dati, quello che sembra emergere è il fatto che dal punto di vista sociale tutto sommato in provincia di Ragusa gli immigrati hanno delle buone occasioni di integrazione. Lo dimostrano ad esempio gli indici relativi ai costi degli affitti e alle iscrizioni a scuola. Il dato che invece fa riflettere è quello economico e lavorativo, che poi si riflette anche nella questione dei permessi di soggiorno”. Vincenzo La Monica è il referente della Caritas diocesana per l’area Immigrazione. Collabora annualmente alla stesura del Dossier Immigrazione di Caritas-Migrantes e conosce bene la situazione. “Il problema sta proprio nella situazione economica – ribadisce -. Nel rapporto di due anni fa la situazione era differente, Ragusa non era alla fine della classifica. Ma la crisi ha fatto peggiorare la situazione dal punto di vista lavorativo. Non va sottovalutato che molti immigrati lavorano come stagionali, con permessi di soggiorno di breve durata. Per questo gli indici sulla stabilità non possono essere alti. Con la crisi ovviamente aumenta la disoccupazione, aumenta il lavoro in nero, aumentano i permessi di soggiorno che, senza lavoro regolare, non possono essere rinnovati”. E proprio l’ultima scheda del Rapporto conferma questa tesi, perchè Ragusa è al centesimo posto per quanto riguarda la differenza tra occupati e cessazioni, con un -37,6 per cento. E il dato è del 2011. Per l’anno passato e quello in corso la situazione non sembra affatto migliorata.
[Fonte: Giornale di Sicilia]