Siamo circondati

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Per qualche giorno sono rimasta senza parole.

Se ce n’è una davvero esatta che Beppe Grillo ha trovato in questi mesi, in queste settimane, è “tsunami”. E siccome lo tsunami ha colpito anche me – che, come potrete facilmente intuire, non ho votato per il M5S – ci ho messo un po’ di tempo a riprendermi.

E quello che è passato non mi è ancora bastato per capire. Non dico per capire cosa sia successo e cosa abbia potuto portare l’Italia in questa situazione: è lampante. Dico per capire cosa succederà domani.

 

Da capire non c’è solo quale sorte potrà esserci per il governo che deve ancora nascere. (Per essere franchi, tra le tante petizioni online, io ho firmato quella che invita Grillo a votare la fiducia a Bersani).

Da capire non c’è nemmeno solo quale evoluzione conoscerà questo Movimento che ha iniziato usando un linguaggio giacobino e che non è detto non faccia – e non ci faccia fare – la stessa fine dei giacobini.

 

Quello che in questi giorni ho cercato di cominciare a capire è quello che ci riguarda – e ci riguarderà a breve – molto più da vicino. Qual è la fisionomia del Movimento 5 Stelle a livello locale? Chi sono questi signori che si sono portati a casa il 40% dei consensi in tutti i Comuni della nostra Provincia? Qual è il loro livello di organizzazione e radicamento? Cosa dobbiamo aspettarci da loro alle elezioni amministrative?

Il mio interesse in questa sede è chiaramente di natura giornalistica e muove da alcune considerazioni, che provo a mettere in ordine.

Alle elezioni regionali dello scorso ottobre, in Sicilia, il M5S ha conquistato il 15% dei voti su base regionale e il 22,5% su base provinciale. Il dato che allora mi sembrò più interessante fu lo scarto incredibile tra le preferenze espresse per i candidati e i voti dati alla sola lista (Vanessa Ferreri è stata eletta con 3.407 preferenze e quelle collezionate in tutto dai candidati sono state appena 10 mila a fronte di oltre 24 mila voti di lista): la dimostrazione chiarissima di come la gente abbia votato un simbolo, un leader-trascinatore nazionale, soprassedendo pressoché totalmente sull’identità delle sue emanazioni locali.

Alle elezioni politiche il consenso è salito al 33% su base regionale e al 39% su base provinciale, facendo del M5S il primo partito e portandolo in molti casi locali addirittura davanti alle coalizioni.

 

Ora siamo alle porte della campagna elettorale per le elezioni amministrative e coalizioni e partiti tradizionali devono fare in fretta a schiarirsi le idee per escogitare una strategia che li lasci sopravvivere allo tsunami.

Quello per le amministrative, certo, è un voto che ha una natura completamente diversa, in cui il “riconoscimento” del candidato come persona vale molto più delle ideologie e in cui la protesta generica incontra la forte resistenza della conoscenza e delle relazioni specifiche. Ma anche volendo ammettere per assurdo che il consenso di un M5S in ascesa libera possa arrivare a dimezzarsi, in quelle città in cui si andrà al voto questo equivarrebbe comunque ad un piazzamento al 18-20%: un piazzamento che fa di chiunque un soggetto politico determinante e, in un quadro di estrema frammentazione, persino un potenziale vincente. E stiamo parlando dell’ipotesi per loro peggiore.

 

Ora, non so voi, ma io per lo più non ho idea di chi siano i grillini di Ragusa, Modica, Comiso e Acate: non saprei dire come sono organizzati, non saprei fare i nomi dei loro referenti, non saprei a chi chiedere un’intervista (cosa che ho provato a fare, per esempio, a Modica, senza ancora ottenere risposta).

Le poche persone che ho conosciuto (a cominciare dalle due deputate elette all’Ars e alla Camera) mi sembrano persone tanto per bene, che – sono certa – impareranno con molta buona volontà tutte le cose su cui non hanno ancora esperienza e competenza. Ma il fatto è che finora nessuno ha votato un nome e un volto, che alle regionali e alle politiche c’è stata un’adesione fideistica ad un “capo supremo” di cui non mi fido affatto e che il radicamento lo si è costruito solo su un sentimento di rabbia popolare che presto – checché ne dica Grillo con la sua teoria della “rabbia positiva” – potrebbero non essere più in grado di gestire. E il rischio è che un circolo cittadino possa candidare a sindaco chiunque e che questo chiunque possa essere eletto, a prescindere dalle sue caratteristiche, per il solo fatto di stare sotto quella corona di stelle che in questo momento una gran parte di popolo vede brillare come un’illusione, o una consolazione.

 

Siamo circondati, insomma, ma non sappiamo ancora esattamente da chi.

Questo dobbiamo capirlo noi cittadini, capire finalmente quanto potere c’è – e quanto è dirompente – nel diritto che abbiamo di esercitare il voto, imparare a maneggiarlo con cura.  

Ma devono capirlo soprattutto i partiti, a cominciare dai nostri circoli cittadini e provinciali, i cui segretari sono ancora tanto impegnati a fare riunioni per programmare primarie, per porre veti sulle alleanze, insomma per costruire accordi più o meno stretti o più o meno larghi: tutto questo senza rendersi ancora conto che l’unico allargamento possibile è quello alle persone, alle cose che hanno da dire, alle loro aspettative, a risposte che in un Paese civile dovrebbero essere più “misurate, realiste e responsabili”, per citare Napolitano, di quelle di cui in questo momento “i cittadini” (quelli veri, cioè noi) si stanno accontentando.

 

Tocca ai partiti, stavolta, non infilarsi nell’imbuto e far prendere aria alla loro visione, cercando il coraggio che ci vuole per dimenticare tutte le regole delle loro grammatiche.

Tocca ai partiti dimostrare di non avere paura a mettersi in discussione.

Tocca ai partiti fare qualcosa – e in fretta – per portare il cambiamento dalla loro parte.

Non è una questione di strategia, ma di responsabilità nei confronti di questo Paese in cui la democrazia si esprime per loro tramite. Non farlo vorrà dire essere spazzati via dalla storia: e se questo poi si rivelerà sbagliato, se le conseguenze assumeranno sembianze diverse da quelle che in fondo tutti ci auguriamo, se infine porteranno un danno al nostro Paese, lo capiremo solo quando sarà troppo tardi.