IL CHIARO
Negli ultimi tempi la tematica del suicidio sta catalizzando sempre più spesso l’attenzione da parte di vari agenti sociali, considerando che il tasso dei suicidi è in costante crescita e il numero di casi desta grande preoccupazione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Accade così che la persona che tenta il suicidio a volte lo fa perché vede nella morte la possibilità di soluzione di ogni problema o il tentativo di porre termine ad una sofferenza che non si crede di poter sopportare, quindi il desiderio di eliminare ogni frustrazione.
Le modalità attraverso cui si tenta di togliersi la vita possono essere molteplici, talvolta collegati in qualche misura alla causa apparente stessa. I professionisti del settore stilano spesso delle statistiche che associano il genere (donna/uomo) o le problematiche psichiche che ne stanno alla base (depressioni, psicosi, personalità borderline) alla modalità scelta per togliersi la vita.
In alcuni casi si tratta di “gesti dimostrativi”, per altri, invece, c’è come un fiume sotterraneo che lentamente “leviga” la voglia di vivere, appiattisce ogni desiderio e ogni forma di speranza: la possibilità di concepire un futuro viene meno e, allora, l’unica cosa che appare possibile fare è proprio farla finita. Ok, fino qui nulla di nuovo o che non sia stato detto o scritto dagli esperti del settore.
LO SCURO
Ma cosa accade realmente quando il suicidio (riuscito o meno) ha origine all’interno di una coppia? Cosa porta uno dei due partner a ritenere non tollerabile una crisi o una separazione tanto da portarlo/a all’idea di togliersi la vita?
Ogni storia è di certo un capitolo a se stante, ogni coppia ha un vissuto proprio e dei peculiari stili relazionali che sono legati anche alle specifiche personalità dei due protagonisti.
All’interno delle varie fasi del ciclo vitale di una coppia è normale e naturale attraversare delle “crisi”. Il difficile è riuscire a chiarirsi attraverso un’adeguata comunicazione e a comprendere ciò che la crisi in sé vuole realmente esprimere: in questa maniera è possibile trasformarla in un momento di crescita della coppia.
Talvolta i segnali di un profondo malessere di coppia possono anche essere rinnegati o sminuiti da uno dei due, quasi come se non li si volesse vedere, come se in questo modo si eliminassero da soli. Questa è una delle situazioni più pericolose, alla stessa stregua di quando, per esempio, c’è la tendenza a non ascoltare il disagio che l’altro partner comunica, il progressivo percepirlo quasi come un nemico o, ancora, quando si idealizza il partner per poi improvvisamente “rimpicciolirlo” ai propri occhi… Questi sono solo alcuni segnali tipici di insoddisfazione nella coppia che, se non ben attenzionati, possono portare ad una sua rottura.
E, allora, il dolore e l’angoscia generati dalla sensazione di essere abbandonati possono apparire talmente grandi da divenire letteralmente ingestibili, generando depressione, umore altalenante, uso/abuso di farmaci o alcol, abbuffate o digiuni, ossessioni, fobie, sentimenti di vuoto, incapacità a sopportare la solitudine, difficoltà nel controllare la rabbia, impulsività… fino al suicidio.
Quando una coppia è in crisi, generalmente ricorre ad un professionista del settore solo quando c’è la volontà da parte di entrambi i protagonisti di rincollare i pezzi… Raramente si pensa che lo psicoterapeuta possa anche sostenere la coppia (o i singoli componenti talvolta incapaci di gestire le conseguenze) aiutandola a separarsi, in un modo che sia più tollerabile da entrambi o consentendo ai due di esprimersi in un “contesto protetto”.
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La rubrica “ChiarOscuro” è curata dalla dott.ssa Daniela Maimone, psicologa e psicoterapeuta – www.psicologiaepsicoterapia.it –
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