“Storie di omosessualità nell’Italia fascista”: quello di venerdì nel locali del Consorzio Universitario Ibleo, nell’aula magna dell’Università, è stato un bell’incontro di storia in pubblico su un tema non ovvio.
Lo scrive nella propria pagina facebook Chiara Ottaviano, che ha introdotto il convegno.
“Un risultato – aggiunge – raggiunto grazie alla collaborazione di enti e persone diverse, a relatori appassionati e competenti, a un pubblico numeroso e di più generazioni: giovani e studenti, insegnanti, appassionati di storia, militanti lgbt. Queste le relazioni: l’antropologo Mario Bolognari dell’Università di Messina, autore di “I ragazzi di Von Gloeden. Poetiche omosessuali e rappresentazioni dell’erotismo siciliano tra Ottocento e Novecento” (Città del Sole 2012), ha approfondito il caso della “mitica Taormina” a partire da una complessa vicenda giudiziaria degli anni Trenta; lo storico Lorenzo Benadusi dell’Università di Roma, ha illustrato alcuni aspetti dell’importante volume di cui è autore, “Il nemico dell’uomo nuovo. L’omosessualità nell’esperimento totalitario fascista” (Feltrinelli 2005); Cristoforo Magistro ha raccontato alcune delle storie di ragazzi omosessuali inviati al confino di Matera, fra cui anche quella tristissima di un ragazzo di Ispica”.
A dare i saluti il responsabile della Struttura dedattica di Lingue di Ibla, professore Burgio.
Finì ad Aliano senza neppure sapere il perché il ventiduenne Giuseppe P., originario di Ispica, poi morto tragicamente nel mare di Pozzallo il primo luglio del 1941, senza riuscire a vedere la liberazione della sua Isola dal regime che lo umiliò e offese, distruggendo migliaia di vite. C’è anche la storia di questo giovane nella ricerca condotta da Cristoforo Magistro di Agedo Torino, l’associazione genitori di omosessuali, che ha curato la mostra «Adelmo e gli altri. Confinati omosessuali nel Materano», fruibile nei locali dell’Università, nella sede di via Dotto Solarino (ex distretto militare) e aperta fino al 25 novembre.
Nei novanta «pacchi» custoditi all’Archivio di Stato di Matera, è venuta fuori anche la storia del giovane ispicese. Giuseppe fu confinato ad Aliano, quel paesino reso celebre da Carlo Levi nel suo libro «Cristo si è fermato a Eboli». In quel piccolo paese furono numerosi i confinati omosessuali. «Il 26 gennaio del 1936 un signore segnalò al commissariato del Viminale, in Roma, che il figlio tredicenne era stato avvicinato da un individuo anziano ed elegante che gli aveva fatto dei complimenti, offerto sigarette e invitato a seguirlo in uno dei più lussuosi alberghi cittadino», riporta Magistro, che riporta ciò che avvenne dopo: il ragazzino non accettò, ma l’anziano disse che sarebbe tornato nel pomeriggio, all’uscita da scuola. Due agenti si appostarono vicino all’Istituto scolastico, a Roma, e notarono l’anziano avvicinarsi, insieme a un giovane di circa vent’anni. Giovane e anziano furono portati in commissariato.
Il primo era un quarantasettenne marchese, Franzo di B, il secondo uno studente universitario di 22 anni. I due furono rilasciati, ma iniziò uno stretto controllo: avevano soggiornato insieme a Imperia, Bolzano, Milano, nella stessa stanza: tanto bastò per alimentare il sospetto che portò la commissione provinciale di Roma a spedire il marchese e il giovane studente universitario al confino. Ma il marchese riuscì a «farla franca e si trovava per sua scelta in Svizzera», mentre il giovane studente universitario alla Facoltà di Scienze Politiche all’Università di Roma, andò ad Aliano. Gli fu negato di scrivere al marchese, poteva invece inviare lettere alla moglie di lui. Che furono però trattenute e si trovano nei fascicoli del procedimento.
A 70 chilometri dalla più vicina ferrovia, isolato dal mondo, anche se ben accolto dalla gente del luogo, Giuseppe mostrò sin da subito una profonda sofferenza per questa ingiusta, e ingiustificata, «condanna». Magistro ha raccolto le lettere, anche quelle che il marchese inviò al giovane, missive «bloccate» dalla questura e rimaste nei fascicoli. Ha ripercorso le vessazioni (ad Aliano ottenne un posticino in Comune, poi revocato), le disavventure (arruolato nonostante fosse uno studente universitario), lo stato di precarietà economica (i genitori non riuscirono più a mandargli denaro). Magistro ha soprattutto unito la storia di Giuseppe, al confino senza alcuna accusa, senza uno straccio di motivazione, a quella di altri giovani e meno giovani strappati dalle loro terre e inviati al «soggiorno libero». «È stato per adempiere al monito di Primo Levi, Meditate che questo è stato, che ho presentato le brevi biografie di ventotto maschi confinati».
L’iniziativa, che ha il patrocinio dell’AIPH – Associazione Italiana di Public History, è stata promossa da Università di Catania – SDS Lingue e letterature straniere Ragusa, Consorzio Universitario Ibleo, Archivio degli Iblei, Agedo Ragusa, Agedo Torino, Cliomedia Officina.